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Good Morning, Mr. Amorth
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… 300.000 anni fa per l’esattezza. Si
combatté una guerra che sterminò la razza umana e le altre specie animali che abitavano
il pianeta. Tutto lo scibile fu immagazzinato nel supercomputer del satellite Aruru,
spinto ad abbandonare il sistema per attraccare in un nuovo pianeta con atmosfera e
temperature ottimali alla vita. Aruru sostò in un’orbita stabile da cui generò la vita e ne
guidò lo sviluppo sul pianeta. Dal primo DNA alle cellule procarioti, dai trilobiti agli
squali, dai dinosauri all’aquila reale, dall’Australopiteco all’uomo moderno. Tutto fu
guidato dal raggio di Aruru, ricostruendo la vita così com’era nel pianeta originario. Nella mia vita ho conosciuto quattro esorcisti, cinque se contiamo i pochi scambi
epistolari con padre Amorth, l’unico che valga davvero la pena di ascoltare. Il primo è
stato Don Giorgio, lui almeno in buona fede, votato alla sua missione al punto di
eliminare ogni minuto libero della sua giornata, procedendo a testa alta senza badare
alle malelingue. Giorgio non ha mai chiesto un soldo e, semmai gli buttassi dieci euro
di nascosto sulla scrivania, questi finivano dritti dritti nella cassetta delle offerte. Poi
c’è stato Don Bruno, il più vecchio, un colosso di un metro e 90, maniaco sessuale e
potenziale pedofilo. Bruno era un appassionato di canarini con la fama di aver fatto
morire un parrocchiano che l’aveva appena insultato. Bruno aveva risposto all’insulto
con la sentenza "questa è l’ultima volta che sali sulla bicicletta", e il poveretto era
morto poco dopo, cadendo con la bicicletta in un fosso. Così almeno si racconta.
Il terzo è il parroco di Scaldaferro, paesino al di là del fiume Brenta famosissimo
per il suo presepe permanente. Ho passato parecchi sabati a fare la fila tra i fedeli per
essere ricevuto, alimentando le mie ansie nel silenzio di una chiesa in penombra. Avrei
fatto meglio ad uscire con gli amici o a fare un po’ di jogging all’aria aperta. Ma
quando stai davvero male e nessuno ti offre una cura tranne "quella", beh, non puoi far
altro che afferrarla con tutta la tua forza. Questo vale finché domina in te l’ignoranza.
La divisione interna alla Chiesa non aiuta. Un pomeriggio mi trovavo nel monastero
dei frati passionisti per offrirmi alla confessione, quando il frate che mi stava
ascoltando mi intimò di fermarmi e di non affrontare oltre l’argomento. Avrebbe
potuto farlo con gentilezza, portandomi lentamente alla consapevolezza del mio errore,
ma il suo netto rifiuto non fece che suggerirmi un senso di paura, per qualcosa di
estremamente reale che avrebbe potuto nuocere ad entrambi.
Il quarto era un predicatore di Montegrotto Terme. Lo incontrai una sola volta
dopo una fila di due ore. A pensarci adesso sembra incredibile quanto sia diffusa la
superstizione, al punto che la gente disgraziata può sprecare i propri soldi e l’intero
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weekend alla ricerca di una parola di conforto. La cosa più stupida è che basterebbe
aprire le porte al vicino, spegnere la TV e radunarsi la sera sotto un portico a fare due
chiacchiere, per condividere le proprie vite e disgrazie in quanti più possibile, non solo
per trovare un conforto, ma soprattutto per trovare insieme una soluzione. La gente è
talmente stupida che, mentre si incanta sul culo della Minetti, sta pensando alle
disgrazie del vicino e gode della sue sfortune perché capaci di sminuire le proprie.
Come disse un tizio palestinese 2000 anni fa, "può forse un cieco guidare un altro
cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma
ognuno ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è
nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al
tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave
che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene
nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non c’è albero buono che faccia
frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce
dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo
cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore1."
Il motivo della mia visita si legava a Alys, ma è ancora presto per parlare di lei…
ci vorrà del tempo prima che possa perdonarmi di averla infilata a forza nel mio
terribile mondo. Per fortuna quel mondo non esiste più.
La stola sulle gambe e la candela parlante
Tra gli esorcisti è risaputo che le sette sataniche si alimentino dai finanziamenti di
grossi trust e in primo luogo dal gruppo Procter & Gamble (fondazione del 1837).
Sembra che l’ex dirigente non ne facesse un segreto e si lasciasse andare a scandalose
dichiarazioni che collegavano il successo dell’azienda all’intercessione delle sette
stesse. Gli articoli di marca P&G si trovano facilmente in quasi ogni casa.
Il gruppo produce tutta una serie di articoli conosciuti, come i fazzoletti Tempo, il
prodotto di pulizia Mastro Lindo, l’ammorbidente Lenor o i prodotti per il raffreddore
Vicks Sinex. Di seguito alcune delle marche più conosciute del gruppo: Ace
(detergenti), Ariel (detersivo), AZ (dentifricio), Dash (Detersivi), Duracell (batterie),
Gillette (sistemi di rasatura), Herbal Essences (shampoo), Hugo Boss (profumi), Iams
(alimenti per animali), Infasil (detergenza corpo), Kukident, Lacoste, Alys Biagiotti
(profumi), Lenor (ammorbidente), Lines, Mastro Lindo (prodotto di pulizia), Max
Factor (cosmetica), Oil of Olaz (cosmetica), Oral B (igiene orale), Pampers (pannolini
e salviette umide), Pantene (cura dei capelli), Swiffer (pulizia), Tampax (igiene intima
femminile), Tempo (fazzoletti), Wella (cura dei capelli), Viakal (detersivi), Vicks
Sinex (spray nasale). A far carriera all’interno di questo gran contenitore di inutili
1 Vangelo di Luca 6, 39-45
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utilità, troviamo niente meno che Luigi Passera, figlio di Corrado Passera, nostro
recente ministro per lo Sviluppo.
Un’altra storia che ho orecchiato a casa dei vari "Constantine" riguarda un certo
panfilo attraccato al porto di Genova durante il summit G8 del 2001. Sembra che nei
suoi locali abbia avuto luogo il sacrificio di un bambino, pratica per niente estranea ai
gruppi satanici. Il fatto che un simile rituale si sia svolto in concomitanza con un
evento politico-economico di tale spessore, non fa altro che confermare il discusso
legame tra satanismo e alta finanza, suggerendo che il sacrificio in questione abbia
avuto uno scopo propiziatorio. Che schifo.
Queste storie non mi impaurivano più del giudizio della gente. Avevo paura di
essere visto. Così parcheggiavo la macchina più vicina possibile al cancello ed andavo
a schiacciarmi contro il pilone d’ingresso cercando di scomparire. Poi il cancello si
apriva con un rumore elettrico e salivo di corsa le scale. Incontravo sul pianerottolo un
uomo magro di bassa statura che mi allungava la mano e mi invitava ad entrare. Non
avevo idea di quanto sarebbe successo, perché tra i mille accenni arrivati alle mie
orecchie mai nulla era chiaro, eccetto che quell’uomo aveva lavorato in passato con i
RIS di Parma, per fare da apripista in una casa infestata.
A volte aspettavo nell’atrio perché nella stanza d’esame c’era già qualcun altro,
volti che pian piano sarebbero diventati famigliari senza mai parlarci. Giravo per la
stanza ammirando foto di vecchi sacerdoti e cartoline paesane del secolo scorso,
cercando invano un portacaramelle per sfogare la tensione. Poi entrai e fui fatto sedere
in una comoda poltrona gialla bordata di paiette rosso bordeaux. Giorgio si pose in
atteggiamento amichevole, seduto su una sedia di fronte alla mia con il corpo piegato
in avanti di chi è lì per ascoltare. "Come va? Raccontami un po’ cosa succede"… Più o
meno era questa la frase di apertura.
Poi sputtanavo tutta la mia vita di fronte a lui, così come sto facendo con voi,
attento al significato delle parole. La mia "patologia" era tale che un solo vocabolo
usato in modo abagliato poteva instillarmi il senso di colpa, specie se accusatorio nei
confronti di qualcuno o se legato alla sfera sessuale. Il senso di colpa portava
immagini nella mente che bloccavano ogni altro pensiero, oltre al rossore degli occhi e
un dolore alla mandibola.
A questo punto Giorgio mi appoggiava un’estremità della stola sulle ginocchia e io
la stringevo nel pugno come una corda gettata nel pozzo dov’ero caduto. Recitava
alcune preghiere e invocazioni a cui rispondevo secondo logica cattolica. Alcune parti
erano in latino e altre in italiano, come l’invocazione al Sangue di Cristo o l’esorcismo
di papa Leone XIII (r.1878 - 1903). Ne ho trovato una versione in rete anche se alcune
frasi le ricordo differenti:
Gloriosissimo Principe delle celesti milizie, Arcangelo San Michele,
difendici nelle battaglie contro tutte le potenze delle tenebre e la loro
spirituale malizia.
Vieni in aiuto degli uomini creati da Dio a sua immagine e somiglianza e
riscattati a gran prezzo dalla tirannia del demonio.
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Tu sei venerato dalla Chiesa quale suo Custode e Patrono, e a te il Signore
ha affidato le anime che un giorno occuperanno le sedi celesti.
Prega, dunque, il Dio della Pace a tenere schiacciato Satana sotto i nostri
piedi, affinché non possa continuare a tenere schiavi gli uomini e
danneggiare la Chiesa.
Presenta all’Altissimo con le tue le nostre preghiere, perché discendano
tosto su di noi le Sue divine misericordie, e tu possa incatenare il dragone, il
serpente antico, Satana, e incatenato ricacciarlo negli abissi, donde non
possa piú sedurre le anime.
In nome di Gesú Cristo, nostro Dio e Signore, e con l’intercessione
dell’Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, di San Michele Arcangelo,
dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e di tutti i Santi, e forti della sacra autorità
del nostro ministero,fiduciosi intraprendiamo la battaglia contro gli attacchi
e le insidie del demonio.
Mentre svolgeva tutto questo mi passava una mano sulla schiena e brividi di freddo mi
correvano sulla colonna vertebrale. Ciò che era più strano era una forte fitta sotto la
spalla destra, un dolore launcinante come se qualcuno mi stesse conficcando un
coltello nella carne. Mi capitava talvolta di sentirlo anche a casa, ma succedeva sempre
quando la mia mente era offuscata o quando raccontavo i miei problemi a qualcuno.
Dopo l’esorcismo Giorgio si alzava dalla sedia e mi dava le spalle per pregare di
fronte a una piccola effige della Madonna, accanto a una grossa candela accesa.
Capitava che la fiamma facesse strani slanci verso l’alto accompagnati da crepitii,
raddoppiando la sua lunghezza seppure la stanza fosse priva di correnti d’aria. Non so
che pensare… anche se spostamenti d’aria possono esistere comunque, magari
innescati dal termosifone; d’altro canto lo stoppino può avere piccole variazioni
chimiche che ne incrementano la combustibilità. All’epoca notavo una forte sincronia
tra i giochi della fiamma e il tono di voce del prete, ma ero talmente suggestionato da
essere cieco alle stonature.
Alla mia prima 'visita' Giorgio disse di non sentire la presenza del demonio, anche
se, ammetteva, nel mio caso si trattava di intervenire su un problema vecchio già di
sette anni, e il diavolo avrebbe potuto imparare a nascondersi. Le volte successive
infatti si fece sentire, a suo dire. Comunque mi consigliò in parallelo di consultare uno
psicologo, per non escludere nulla. Così mi consigliò un’amica della USSL che si
mostrava aperta alle realtà 'altre'. Seguii il consiglio ma fu tutto un flop, vuoi per la
risaputa incompetenza dei medici statali, vuoi per la continua suggestione che subivo
dal lato religioso. L’Istituto di Igiene Mentale diventò un altro posto dove entrare a
testa bassa facendo attenzione a non essere visto, subendo la presenza di altri malati
che mi mandavano ancor più in paranoia.
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La triste storia di Floris
Al secondo appuntamento Don Giorgio mi fece incontrare una ragazza di nome Floris,
di circa una decina d’anni più di me. La poveretta ne aveva subite di tutti i colori per
un amore non approvato dalla madre. La donna si era impegnata nel rovinarle la vita,
gettando malelingue sul suo negozio fino al punto di farlo chiudere, danneggiando
soprammobili, auto ed elettrodomestici vari, magari entrando di nascosto in casa della
figlia. La vecchia megera a quanto pare si trastullava nel celebrare messe nere a casa
propria, malecidendo il nome della figlia insieme ad altri pochi di buono, con le mani
in un catino riempito di sangue di pollo. Può anche non funzionare, ma di certo non ti
rende fiero del tuo genitore.
Da qualche anno Floris poteva cadere in uno stato di coscienza alterata. In quei
momenti perdeva completamente la testa ed urlava frasi sconnesse in una sorta di
danza estatica, quasi una contrazione epilettica degli arti. Così accadde dopo avermi
avuto di fronte per meno di dieci minuti. Giorgio dovette afferrarla a forza per evitare
che arrecasse danni a sé stessa o alla povera biblioteca parrocchiale. Urlava
ossessivamente e a squarciagola "Te si insemenio, te si! Non te combinarè mai niente
co chea testa là! No te si bon da niente!" [Sei scimunito, sei! Non combinerai mai
niente con quella testa là! Non sei capace di fare nulla!]. Se era una recita, beh…
avrebbe meritato l’Oscar.
Floris si riprese e affondò sul divano liberando un profondo respiro. Disse di aver
visto la storia della mia famiglia ai tempi del mio bisnonno paterno. Era in un campo
di fieno in periodo di raccolta e stava litigando col fratello che lo riempiva di insulti.
La causa del diverbio s’innestava nel frequente assenteismo dai campi del mio
bisnonno, che "sprecava" il proprio tempo nella propria passione artistica, girando i
paesi per esporre e cercare di vendere le proprie opere. L’odio e l’invidia del fratello
erano sfociati nella maledizione che si sarebbe riversata sulla discendenza per molte
generazioni.
Una volta a casa ho chiesto spiegazioni, e subito tutto quanto sembrò crollare come
un castello di carte. "Il bisnonno era figlio unico" disse mio papà. C’era mia nonna
seduta a tavola quella sera, e intervenne… "C’era però uno dei Morales, un fratello del
nonno di tuo nonno. Faceva sculture. Ma aveva dei problemi fisici… era un po’
disgraziato. Non poteva lavorare nei campi". Certo, non era la stessa storia; i ruoli
erano invertiti e spostati indietro di una generazione, ma il motivo di fondo era stato
azzeccato.
Più tardi mi avrebbero detto di una bisnonna che si dilettava con le carte, ma la
memoria dei nonni sembrava piuttosto confusa al riguardo.
Il vecchio lascivo
Non mi piace ricordarlo, perché i cattivi pensieri mi fanno sempre stare male. Non lo
odio, ma non posso certo parlarne bene. Già con mia zia, quell’uomo aveva avuto un
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atteggiamento a dir poco scorretto, ma almeno all’inizio avevo pensato che avesse
agito in buona fede. Col senno di poi, nessun uomo obiettivo avrebbe potuto pensarlo.
E io non lo ero affatto. Mia zia aveva iniziato molto tardi la stagione delle libere
uscite, dei locali e delle serate trasgressive. Finalmente, a quasi trent’anni, aveva
incontrato un ragazzo che la voleva al suo fianco, un ragazzo per bene. Non aveva
però fatto i conti con mia nonna, sua madre, la quale non avrebbe classificato "per
bene" nessun ragazzo che volesse strapparla alle sue gonne. Da donna anziana,
avrebbe voluto che la figlia le rimanesse accanto, forse per i lavori domestici, o
semplicemente per farle compagnia. Mia zia soffriva di disturbi simili ai miei, il ché
può sembrare una conferma a quell’idea balorda che un’entità maligna si stia
opponendo alla mia famiglia. D’altro canto, la mia opinione a questo punto è che sia
proprio questa credenza, così diffusa in famiglia, ad innescare ansie e paure nei più
piccoli, generando seri disturbi che emergono durante l’adolescenza. É ovvio che
l’esorcista possa quietare questi disturbi, per effetto placebo, o semplicemente perchè
capace di farti sentire al sicuro, nelle mani di dio, a patto che tu rispetti la gretta Legge
Cristiana. In caso contrario, preparati ad un costante peggioramento.
Credo adesso che la vera possessione, od ossessione, satanica, sia di fatto piuttosto
rara, e che non sia classificabile come tale se non è accompagnata da fenomeni para-
normali, come la pirocinesi o la glossolalia. Dovremmo anche riflettero sul "chi sia" il
possessore. Credo che esistano entità senza corpo in grado di manifestarsi e di
interferire con la realtà fisica, ma non credo che si possano ascrivere ad una particolare
religione o corrente di pensiero. Credo piuttosto che queste entità, in quanto pensanti,
scelgano volutamente di assumere l’aspetto di figure appartenenti all’immaginario
collettivo, entità benevoli o malevoli. Potrebbero farlo per limitare lo shock, o al
contrario per incrementarlo. Ad ogni modo, consiglio di passare sempre da uno
piscologo o da uno psichiatra e di valutare l’andamento della patologia prima di
spingere vostro figlio in un’esperienza traumatizzante. Vanno bene anche i farmaci,
purché non procurino danni al cervello o al sistema nervoso. Nel 99,9% dei casi si
tratta di patologie naturali, per nulla dipendenti dalle 'entità'. Sono la nostra vita
stressante, l’ossessione del successo, la lotta per sopravvivere a creare i problemi.
Molto raramente la causa è 'esterna'.
Andavo da Bruno quando Giorgio non bastava, perché lo credevo più potente.
Andavo da lui quando la suggestione di Giorgio non bastava a placare la mia ansia.
Mia nonna lo aveva chiamato una volta al telefono, spiegando che mia zia aveva
trovato un ragazzo che secondo lei era poco 'adatto'. Mia zia sarebbe andata da lui
pochi giorni più tardi per una cura’ alle proprie ansie, ansie che in realtà erano dovute
all’insistenza di mia nonna, la quale non perdeva occasione per caldeggiare una veloce
rottura con il nuovo fidanzato. Una volta dal vecchio lascivo, lui non fece altro che
ubbidire a mia nonna: disse che il fidanzato di mia zia si dedicava a fatture o ad altre
forme di maledizione per farla soffrire. Ovviamente non era vero, ma mia zia si
impaurì abbastanza da lasciarlo. Fortunatamente non passò molto tempo prima che si
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rendesse conto dello sbaglio. Tornò da lui e mia nonna si trovò di fronte alla propria
impotenza; si dispiacque e rivelò il 'complotto'.
Per arrivare al mio caso, ci sono due parole che devono spendersi sul celibato dei
canonici. Nella prima Chiesa, quella fondata da Pietro e Paolo, non c’era alcun voto di
celibato. Solo il sinodo di Elvira, nel 306, vietò agli ecclesiastici i rapporti sessuali, per
evitare che le cariche religiose diventassero ereditarie, in special modo quella del papa.
Di fatto però quel canone non venne applicato fino almeno al 1074. In quell’anno papa
Gregorio VII pubblicò un’enciclica, assolvendo la gente dall’obbedienza verso quei
vescovi che permettevano ai preti di sposarsi. L’anno seguente incoraggiò i fedeli a
prendere provvedimenti contro i preti sposati, privando quest’ultimi del loro
sostentamento. Ad ogni modo nemmeno Gregorio raggiunse appieno il suo obiettivo:
basti pensare a papa Alessandro VI (1492-1503) che organizzava orge in Vaticano.
In tutta franchezza, credo che scopare sia un bisogno primario di tutti gli individui,
sia per il corpo, che libera un’immane quantità di sostanze regolatrici per la mente, sia
per l’anima, perchè il contatto di pelle può curare la solitudine. Il voto di celibato è
contro-natura e non può far altro che generare follia e scompensi. Nel caso dei preti,
credo il loro bisogno di sesso renda attraenti quegli individui che più si affezionano a
loro: i bambini. Questo non giustifica affatto la pedofilia, ma ne dà una spiegazione.
Parliamoci chiaro: chiunque costringa un altro individuo a fare sesso controvoglia, sia
esso adulto o bambino, rimane un essere spregevole. Gli umani sono in grado di
controllare i propri istinti. Nel caso in questione ci sono due possibilità: rinunciare
all’abito talare e intraprendere una nuova vita regolare, di coppia, oppure sopportare in
silenzio i propri scompensi e il dolore da esso generato. Purtroppo alcune persone
preferiscono il dolore altrui a quello proprio. Questo accade tanto nei preti che nella
gente laica, ma sono i preti quelli maggiormente soggetti a dolori di origine sessuale.
Secondo il catechismo anche la masturbazione è peccato, e questa, lasciatemelo dire, è
la più grande cazzata dopo la piattezza del mondo. Ogni ragazzino di 13-14 anni si
masturba a più non posso, perché è normale, fa parte del cammino di scoperta del
proprio corpo; non è certo un atto peccaminoso. Ma cosa c’è di meglio nell’innescare i
sensi di colpa negli adolescenti? In questo modo saranno disposti a tutto pur di espiare,
"per non bruciare nelle fiamme dell’inferno", trasformandosi in cagnolini obbedienti.
Anche il vecchio lascivo mi incolpava per il mio onanismo. E anche il vecchio
lascivo, Don Bruno, cedeva ai propri istinti. A Bruno piacevano i canarini, lipocromici
rossi e gialli. C’erano gabbiette in giardino e in salotto, accanto all’acquario con i pesci
tropicali. Nei convenevoli mostrava la compostezza di un lord inglese: una stretta di
mano sicura, sia a me che a mio padre, quando mi accompagnava le prime volte.
Seguiva una frase di circostanza, rassicurante e rasserenante, perché dio è dalla parte
dei buoni. Non so dire se questo sia vero oppure no, ma affidarsi passivamente a Lui
non conduce da nessuna parte. Il cristianesimo ci ha marciato fin troppo sull’idea di
una sofferenza terrena che sarà premiata nell’aldilà. Ci sarà forse un aldilà, ma nel
frattempo voglio star bene nell’aldiqua, e tutti quanti dovrebbero star bene. Ciò che
serve all’uomo è la fiducia in sé stesso, nelle proprie capacità, la consapevolezza che i
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sogni si possono realizzare. C’è una frase ritenuta blasfema che sintetizza il mio
pensiero: "Se preghi avrai le mani occupate".
Superata la soglia del suo studio, il copione cambiava. Bruno mi stringeva in un
abbraccio morboso e mi baciava le guance avidamente. Volevo staccarmi da lui ma
temevo che un’azione del genere avrebbe dato di me una cattiva impressione,
rischiando di sminuire l’efficacia dell’esorcismo.
Le invocazioni di Bruno erano più aggressive di quelle di Giorgio, più
"coreografiche" e suggestive. Ogni volta cercava di convincermi che il male mi
perseguitava perchè io mi masturbavo. Per dirmi di non pensare al mio pene, lui diceva
"togliti dalla testa quello lì" e mi toccava in mezzo alle gambe. Aveva quasi
novant’anni, quindi probabilmente non avrebbe potuto spingersi oltre, pur essendo in
perfetta salute con un fisico massiccio, spalle larghe e 1 metro e 90 di statura. Tuttavia
non posso fare a meno di pensare che in passato abbia fatto di peggio, e che a qualcuno
più vecchio di me abbia lasciato molto più che un senso di colpa.
Una volta al mese mi beccavo due ore di macchina per andarlo a trovare, a
Villanova di Camposampiero, Bologna, per farmi palpeggiare e prendere in giro,
peggiorando se possibile la mia precaria salute mentale.
Il segreto dell'Auscultatore Elettronico
Ho molto cercato, nei bauli e gli scatoloni di ricordi tenuti in soffitta nella vecchia casa
comune. Quaderni, note di spesa, atti notarili mezzo rosicchiati dai topi. Poi un
carillon e una matriosca. C’erano perfino un calamaio e una penna d’aquila
spelacchiata con tanto di croste di inchiostro rappreso. Il massimo della sorpresa mi
toccò quando ebbi tra le mani un bel pacco di numeri del Germanien, la rivista
dell’Ahnenerbe, l’istituto di ricerca fondato e diretto dal comandante delle forze di
sicurezza del III Reich, Heinrich Himmler. Su una di queste, in quarta di copertina, era
scritto a mano il nome di Giovanni Morales, l’artista tanto odiato dai fratelli.
Quasi tutti i numeri contenevano riferimenti alla spedizione di Edmund Kiss
(archeologo ahnenerbe) sul sito preistorico di Tiahuanaco, un antico centro religioso
sul lago Titicaca, a 3800 metri di altitudine sulle Ande peruviane. Parlavano di uno
strano congegno che poteva vedere sottoterra fino a 50 metri di profondità, come un
moderno georadar ma molto più potente. Usava un fascio di particelle chiamate
elettroni neutri” che non esistono nel modello standard della fisica ufficiale ma sono
presenti nel modello di Burkhard Heim. Dicevano di aver trovato un’intera città
sepolta sotto le piramidi e i santuari di Tiahuanaco, e un articolato sistema di gallerie
che si allungava ben oltre l’estensione del sito verso occidente.
I maghi del Führer, come Karl Maria Wiligut, esprimevano la convinzione che tali
gallerie si protraessero fino in Asia, sbucando a Shambala, città sotterranea del Tibet
dove avrebbero abitato i cosiddetti "Superiori Sconosciuti", uomini-déi che per via
telepatica avrebbero istruito lo stesso Hitler.
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Sono pochi gli appassionati lettori che conoscono il prestigioso istituto di ricerca
delle squadre SS, il corpo paramilitare d’élite fondato nel 1926 dal Partito Nazista. Era
il 1935 quando il capo SS Einrich Himmler istituiva al loro interno la Società di
Ricerca dell’Eredità Ancestrale Ahnenerbe, avente scopo dichiarato di investigare la
storia remota della razza ariana. Benché i nazisti ne abbiano fatto una propaganda anti-
ebraica, è fatto indiscutibile che intorno al 4.000 a.C. una razza di tipo "nordico" arrivò
in Europa da est, probabilmente dalla Valle del fiume Indo. Ciò che fa sorridere,
seppure a malincuore, è che proprio questa razza fornì ad Israele i primi sovrani (Saul,
Davide, Salomone) e fu proprio questa razza - carnagione chiara, occhi azzurri, capelli
biondo-rossicci - a portare in occidente la religione monoteista da cui nacque
l’ebraismo.
Nella visione himmleriana gli antichi Ariani erano originari di Atlantide; 15.000
anni fa un grande tzunami aveva travolto la loro isola e li aveva costretti ad errare per
il mondo combattendo per la propria sopravvivenza. Un primo approdo sarebbe
avvenuto in Sud America e pertanto l’Ahnenerbe avrebbe incaricato il prof. Edmund
Kiss di recarsi in Perù e in Bolivia per cercare le prove di questa migrazione.
All’inizio degli anni ’30 le relazioni tra la Germania e i paesi dell’America Latina
erano più che buone. Vi erano diverse colonie di nazisti in Sud America, alcune lungo
il Rio delle Amazzoni di cui la più importante a Manaus, in Brasile. Kiss doveva
verificare l’esistenza di gallerie o "soccavon" che si aprivano tra le Ande e la foresta
Amazzonia. La maggioranza della popolazione sudamericana è convinta tutt’oggi che
questi passaggi siano diretti ad un vero e proprio mondo sotterraneo, ancora abitato
dagli eredi degli antichi Ariani. Questi sarebbero rimasti isolati per migliaia di anni in
un mondo interno estremamente complesso, dove si troverebbero ampi continenti,
mari, fiumi e spazi aperti abitati da un’umanità misteriosa. Secondo le guide di Cusco,
Macchu Picchu ed Ollantaytambo, il governo peruviano sarebbe a conoscenza da
tempo di questi accessi, ma farebbe di tutto per evitarne l’esplorazione. Simili intenti
riguardavano la spedizione Ahnenerbe in Tibet guidata da Ernst Shafer nel 1938-39,
soprattutto se pensiamo alle tradizioni locali che descrivono un legame tra i sotterranei
del monastero di Lhasa e la capitale del mondo sotterraneo, Shamballah.
A Marcahuasi, sulle Ande Centrali, esiste un punto chiamato Infernillo che viene
considerato dai campesinos come un probabile luogo d’accesso a queste misteriose
gallerie. Un’altro ingresso si troverebbe ai piedi di Macchu Picchu, e un terzo nella
stessa Cusco in località Sacsahuaman. Era il 3 marzo 1972, quando il giornalista
tedesco Karl Brugger s’incontrava a Manaus con l’indio Tatunca Nara, capo della tribù
amazzonica Ugha Mongulala. Tatunca Nara parlò a lungo di una civiltà evoluta che
sarebbe sbarcata in Sud America alla fine dell’Era Glaciale e avrebbe aiutato gli
uomini a uscire dalla barbarie:
Nel giro di secoli fu costituita una sorta di grande civiltà, un grande
"Impero di Pietra" che dominava diverse regioni della Terra ancora oggi
esistente e altre ora scomparse, cancellate da un’immane catastrofe di
portata mondiale. Il popolo dei Mongulala riuscì a sopravvivere a questo
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cataclisma nascondendosi in tunnel e in città sotterranee. In seguito i
Mongulala riuscirono a costituire un vero e proprio Regno Amazzonico, che
riuscì a sopravvivere a un secondo cataclisma, per raggiungere il massimo
della sua potenza intorno al 2.500 a.C., quando aveva continui rapporti con
la civiltà egizia. Da allora, la civiltà dei Mongulala aveva dovuto subire un
lento ma progressivo declino, per arrivare fino ai giorni nostri, dove il suo
popolo sopravviveva isolato dal resto del mondo nella città sotterranea di
Akakor.
Al mito di Akakor si affiancano altre leggende riguardanti una città segreta, nascosta
in Amazzonia sotto il cratere di un vulcano spento. In tempi più recenti, notizie
giornalistiche sfuggite al controllo del governo peruviano hanno parlato di una
misteriosa spedizione speleologica condotta dai tedeschi negli anni ’70, i quali
avrebbero percorso decine di chilometri in un labirinto sotterraneo a partire dalla zona
andina del massiccio dello Huascaran.
Edmund Kiss affiancò a lungo l’ingegnere Arthur Posnansky nei sui pionieristici
studi a Tiahuanaco, sulla sponda sud-orientale del lago Titicaca a 3.812 metri sul
livello del mare tra Perù e Bolivia. Si tratta di un sito megalitico comprendente due
grandi templi in onore del dio Viracocha, insieme ad un porto lacustre e la piramide
Akapana. Pochi anni fa la squadra italiana Akakor (dal nome del sito sovracitato) ha
scoperto una serie di stretti cunicoli all’interno della piramide, levigati come piastrelle
di marmo. Strisciandoci attraverso, gli esploratori sono arrivati in due stanze mai
aperte, contenenti una serie di teste in porcellana, strumenti da taglio e un tavolo
operatorio. É possibile che la ristrettezza dei cunicoli sia stata scelta per mantere
l’ambiente asettico.
A Tiahuanaco c’è realmente un’altra città sotto la città, a dodici metri di profondità
fino ad emergere sul fondo del lago, dove il gruppo ha filmato un idolo in oro
massiccio che si eleva al di sopra di un camino in andesite. Negli anni ’30 Posnansky
"filmò" il sottosuolo di Tiahuanaco con un apparecchio denominato Auscultatore
Meccanico, una versione evoluta di georadar ritirata dai governi per gli shock che
avrebbe prodotto sul sistema economico in caso di larga diffusione (l’apparecchio era
basato sulla stessa tecnologia della macchina di Majorana e poteva quindi generare
energia a costi minimali). L’apparecchio venne migliorato in Italia dall’ingegnere
professor Alessandro Scoto che lo utilizzò per analizzare il sottosuolo della Val
Padana e delle Prealpi per conto di grossi Trusts economici internazionali. Le sue
prospezioni raggiungevano l’incredibile profondità di 1.000 metri dal piano di
calpestio. Come la macchina di Majorana, anche l'Auscultatore Elettronico (così fu
chiamata la versione evoluta) poteva essere sintonizzato su un materiale specifico, così
da penetrare le altre sostanze senza perdere energia. L’apporto di Scoto alla comunità
industriale fu tale da guadagnargli la copertina in diversi numeri della Domenica del
Corriere. Famosa è la sua scoperta di una tomba longobarda ad Offanengo (Cremona),
il 30 maggio 1963, con un corredo di armi e monili in ferro e oro. Prima dello scavo
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erano già stati messi a verbale l’esatta posizione e giacitura dello scheletro, nonché le
dimensioni esatte di una croce aurea e di uno scudo2.
Tra i 380 e i 400 metri di profondità gli strumenti rivelarono l’esistenza di decine e
decine di grosse sfere metalliche disposte a scacchiera. Il loro diametro oscillava tra i
60 e i 100 metri, e al loro interno erano cave. Le tre di cui siamo a conoscenza si
trovavano nella campagna di Varese, a Pontida e a Villa Dalmé nel bergamasco. In
altri casi fu impossibile descrivere quanto rivelato se non ricorrendo a spiegazioni
paradossali: sembravano enormi macchinari interrati di conformazione arditissima;
oppure ci si trovava di fronte a strutture che sembravano vere e proprie città,
sommerse da decine di metri di terra e pietre. In altri casi il raggio dell'Auscultatore
veniva deviato da forze telluriche contrarie di origine ignota. Sembravano forze
provenienti da macchinari sconosciuti ancora in attività. Il professore si confidò con
alcuni colleghi e formò un piccolo gruppo di persone che decise di continuare queste
ricerche "in privato". Due nomi emergono fra tutti: il giornalista Gianni Miniaci e il
professor Floriano Silla, presidente di Italia Nostra e presidente dell’Associazione
Nazionale Geologi Italiani. Il segreto era richiesto non soltanto per la propria
incolumità, ma soprattutto perchè diverse di quelle sfere esplodevano sottoterra a
qualche mese dalla scoperta.
Al principio degli anni ’70 questo pool di ricercatori arrivò a una serie di
conclusioni tanto incredibili quanto fondate. Stando alle loro dichiarazioni, alcune
"intelligenze" avevano provocato la distruzione a distanza delle sfere metalliche in
modo tale che i ricercatori non potessero studiarle. Gli impulsi elettrici erano stati
inviati da una non meglio specificata "base" sulla Luna, invisibile dall’alto ma
ciononostante ancora attiva. Altre basi esistevano in superficie fino alla fine degli anni
’60, ma anche queste erano state fatte esplodere nel tentativo (infruttuoso) di occultarle
alle missioni Nasa. Gli astronauti infatti le scoprirono, benché ovviamente non se ne
fece parola con la stampa.
In seguito Scoto fu contattato sul Lago di Garda da alcuni "uomini in nero" che
sostenevano di appartenere ad un gruppo di persone dalle particolari capacità, votato a
preservare "geneticamente" tutto lo scibile che la specie umana aveva appreso nel
corso milioni di anni. I ricordi dei nostri antenati sarebbero codificati in particolari
sezioni del DNA, ma solo pochissime persone sarebbero in grado di accedervi.
L’ultimo a vantare una simile capacità era stato il massone e colonnello Karl Maria
Wiligut, il vero magus del nazismo. Il lago di Garda non è certo un punto casuale sulla
mappa, soprattutto in relazione ai nazisti. A Riva del Garda esisteva il centro di
ricerche aeronautiche Hermann Goering, dove i tedeschi testavano velivoli
sperimentali. Non si sa dove fosse esattamente, ma ci sono storie interessantissime a
riguardo.
2 INSULA FULCHERIA, NUMERO 4, 1965, CENTRO CULTURALE S. AGOSTINO, MUSEO
CIVICO DI CREMA E DEL CREMASCO, RASSEGNA DI STUDI, DOCUMENTAZIONE E
TESTIMONIANZE STORICHE DEL CREMASCO.
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Nel maggio ’45 le truppe americane si erano messe sulle tracce dei segreti militari
tedeschi, specialmente di quei velivoli a reazione e missili che negli ultimi due anni di
guerra avevano seriamente impensierito gli alleati. A volte a pezzi, ma a volte
completamente intatte, queste armi devastanti venivano trovate ovunque: lungo le
autostrade, fra i vagoni ferroviari, oppure adagiate tra gli aeroporti e i campi.
Soprattutto furono trovate in gallerie e rifugi in grotta, appositamente adibiti a
fabbriche, dove centinaia di migliaia di deportati lavoravano in condizioni disumane e
fino alla morte, come ad esempio a Dora-Mittelbau vicino a Nordhausen, in Germania.
Molti di questi si trovavano proprio sul lago di Garda, dove al termine del conflitto si
recò in tutta fretta il generale americano Omar Bradly.
Sulle sponde del lago erano stati trasferiti a migliaia i dipendenti delle maggiori
fabbriche belliche italiane. Nelle gallerie dell’alto Garda vediamo ancora le cosiddette
tunnel factories, industrie approntate in cunicoli e bunker, al di sotto di centinaia di
metri di roccia. Tra l’autunno del 1943 e il giugno del 1944 la strada Gardesana
Occidentale era stata interdetta al traffico veicolare. Le gallerie del suo tragitto erano
state trasformate in fabbriche mentre attorno si trovavano bunker e similari. Nella
galleria Adige - Garda a Torbole era stata decentrata una parte delle industrie
aeronautiche Caproni, per la precisione quella adibita alla costruzione delle più
importanti armi segrete di Hitler, come gli aeroplani da caccia Messerschmitt 163 e
262, la bomba volante V1, il razzo V2 e i cannoni V3. Sempre sul Garda, al porto di
San Nicolò, era stato dislocato un impianto per la produzione di due prototipi di
minisommergibile con motori a reazione. I sottomarini venivano poi varati nel porto di
Torbole.
I MIB dissero a Scoto che le sfere contenevano esseri umani in ibernazione
risalenti a precedenti cicli di civiltà: in alcuni casi i MIB erano riusciti a risvegliare”
gli ibernati e a farli rivivere con loro; in altri casi avevano eliminato le sfere per timore
che fossero scoperte, sacrificando con esse il loro contenuto. Spiegarono che enormi
catastrofi avevano colpito la Terra nel corso milioni di anni, ma che saltuariamente le
civiltà avevano trasferito uomini e mezzi sulla Luna o su Marte, o all’interno di tunnel
nella Terra stessa, per preservare la specie. Passato il pericolo, dopo millenni questi
uomini erano tornati sulla Terra o al di sopra della sua superficie. Da decenni le
autorità più importanti del pianeta avrebbero accettato di non divulgare tali notizie,
ottenendo in cambio una graduale "cessione" di tecnologie innovative. Questi custodi
si affidarono alla discrezione e al senso di responsabilità del professore per mantenere
il segreto, e non furono delusi fino almeno alla sua morte.
Dischi Volanti nel III Reich
Nel 1801 l’Occhio che Tutto Vede accolse tra le proprie fila Charles Nodier, dal 1824
capo bibliotecario della Biblioteca dell’Arsenale di Parigi. Nodier ebbe libero accesso
a documenti che sarebbero stati segreti in qualunque altra epoca, prima e dopo di lui:
nel 1810 Napoleone aveva infatti portato a Parigi quasi tutto l’archivio vaticano.
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Stiamo parlando di 3.000 casse di materiale, in parte richiesto espressamente, compresi
tutti i documenti riguardanti i Cavalieri Templari. Una parte dei documenti venne in
seguito restituita ma molti rimasero in Francia.
Oltre all’archivio vaticano, la Biblioteca dell’Arsenale ospitava libri e manoscritti
di occultismo, insieme ad opere sottratte ai monasteri. Tutto passava tra le mani di
Nodier e dei suoi collaboratori, Éliphas Lévi (alias Alphonse Louis Constant, formato
al seminario di San Sulpicio)3 e Jean Baptiste Pitois (alias Paul Christian). Nel 1833
Pitois divenne funzionario al ministero della pubblica istruzione, che in quegli anni
decise di pubblicare tutti i documenti sulla storia di Francia fino a quel momento
inaccessibili. Nelle due commissioni incaricate figuravano Victor Hugo, Jules
Michelet e il barone Emmanuel Rey, co-fondatore nel 1875 della "Société de l’Orient
Latin" con sede a Ginevra, autrice di diversi atti del fantomatico Priorato di
Sion/Alpha Galates, emanazione dell’Occhio che Tutto Vede. Lo stesso Hugo fu
discepolo di Nodier, iniziato dall’Occhio nel 1844.
Altri discepoli di Nodier sono Honoré de Balzac, Eugène Delacroix, Dumas padre,
Alphonse de Lamartine, Alfred de Musset, Auguste de Labouisse-Rochefort,
Théophile Gautier, Gérard de Nerval, Alfred de Vigny, tutti iniziatori del movimento
simbolista Paris fin de Siecle. Infine fu discepolo di Nodier lo scrittore e diplomatico
francese François-René de Chateaubriand, famoso per aver compiuto un
pellegrinaggio a Roma per vedere la tomba del pittore Poussin, sulla quale avrebbe
fatto erigere una lapide con la riproduzione dei Pastori d’Arcadia.
3 Alphonse Louis Constant (Parigi, 8 febbraio 1810 - Parigi, 31 maggio 1875) fu il più famoso studioso
di esoterismo dell’Ottocento. Per qualche tempo si dedicò agli studi ecclesiastici nel seminario di Saint
Sulpice, a Parigi, ma nel 1836 si allontanò dalla Chiesa per abbracciare gli ideali del socialismo
utopista. Al tempo stesso intrattenne rapporti con adepti della Massoneria francese e con esponenti dei
più diversi rami dell’esoterismo. Le personalità che contribuirono maggiormente alle formazione del
suo pensiero furono il napoletano Don Antonio Marino, abate di S.Giovanni a Carbonara, suo iniziatore
e maestro; Alphonse Esquiros, studioso delle teorie sul magnetismo animale; l’abate José Custodio de
Faria, un missionario dedito allo studio dei riti magico-religiosi orientali; lo studioso di numerologia e
alchimia Louis Lucas; e soprattutto Höene Wronski, che lo iniziò ai misteri della cabbala e nel 1853 gli
impose il nome magico di Eliphas Levi Zahed, traduzione in ebraico di Alphonse Louis Constant. Elifaz
è uno dei tre amici che consolano, secondo la Bibbia, l’afflitto Giobbe. Nel 1854 Levi fece un viaggio in
Inghilterra, dove entrò in amicizia con alcuni esoteristi tra cui lo scrittore Edward Bulwer-Lytton (1803-
1873), che in seguito diventò membro onorario della Societas Rosacrociana in Anglia. Dopo il ritorno in
Francia, Levi pubblicò il suo studio più importante, Dogme et Rituel de la Haute Magie (Parigi 1855-
56), un’opera dedicata all’analisi delle più diverse branche dell’esoterismo antico e moderno, da lui
definite "scienze occulte". Insieme al maestro Don Antonio Marino intrattenne una serie di rapporti
episcolari con i maggiori rappresentanti del mondo occulto, arrivando alla formazione di un circolo
esoterico passato alla storia come Cenacolo Napolitano. Qui trovarono spazio esponenti del Martinismo,
della Massoneria Egizia e del pensiero esoterico delle Due Sicilie. Levi stabilì per la prima volta un
rapporto preciso fra le 22 lettere dell’alfabeto ebraico e i 22 Trionfi dei Tarocchi, da lui definiti "Arcani
maggiori", indicando in queste figure la chiave per la comprensione di tutti gli antichi dogmi religiosi.
Dopo quest’opera capitale, Levi pubblicò numerosi altri volumi dedicati alle tradizioni magiche e
diventò il punto di riferimento principale per gli studiosi di esoterismo, non soltanto in Francia.
14
A soli 10 anni, nel 1790 Nodier era già membro dei Philadelphes, un gruppo da cui
trae origine la moderna Association Alpha International o Alpha Galates, con sede a
Montpellier. Nodier sosteneva che i Philadelphes avessero la precedenza su tutte le
altre società segrete e presiedessero a tutte. Egli parlò di "un giuramento che mi lega ai
Philadelphes e mi vieta di farli conoscere sotto il vero nome della società". I
Philadelphes funsero da collegamento tra Nodier e il fisico Robert Boyle, e quindi con
la Royal Society di Londra. Per farla breve, gli Alpha Galates/Philadelphes non sono
altro che la versione francese della Loggia P2 di Licio Gelli, guidati adesso (tra gli
altri) dall’aristocratico francese Jean-Pierre Giudicelli de Cressac Bachelerie, autore
del rarissimo libro Pour La Rose Rouge Et La Croix d’Or-Alchimie, Hermetisme et
Ordres Initiatiques. Insieme a Giudicelli troviamo Henri Lobineau (alias Philippe de
Cherisey), autore del romanzo Circuit pubblicato nel 1971. La copertina di questo
romanzo mostra la Francia incorniciata in un esagramma e sormontata da una spada
(un gladio romano che allude all’operazione Gladio della CIA di cui la P2 era stata
mandataria). Circuit è diviso in 22 capitoli, ciascuno intitolato con il nome di un
Arcano Maggiore dei Tarocchi. Sulla spada è scritto il nome Saint Ursin” (patrono di
Bourges, paese che si trova al centro dell’esagramma). Dal 624 al 647 era stato
vescovo di Bourges il solito San Sulpicio, al cui nome era stato dedicato il seminario
di Parigi. Qui aveva studiato Eliphas Lévi e sempre qui aveva avuto sede la
Compagnia del Santo sacramento, l’istituto che aveva messo a tacere il Re Sole sulla
questione Poussin-Fouquet. San Sulpicio fu inoltre uno tra i maggiori centri di studi
esoterici della Chiesa occidentale. Qui furono esaminate le pergamene rinvenute nella
Chiesa di Maria Maddalena a Rennes le Chateau tra il 1887 e il 1897, le quali si
riferivano a Poussin e a un segreto inviolabile della Chiesa cristiana. Riportavano
inoltre tre alberi genealogici: uno era stato compilato nel 1244 e riportava la
discendenza del re merovingio Dagoberto II attraverso il figlio Sigisberto IV
(discendenza che si legò per via matrimoniale ai "Lupi" di Aquitania, riemergendo da
questa nei Guelfi); un altro albero genealogico proseguiva la discendenza merovingia
dal 1244 al 1644; altri due erano stati compilati negli anni ottanta del ’700 dall’abate
Antoine Bigou, ex sacerdote di Rennes le Chateau e confessore di Marie d’Hautpoul
de Blanchefort, della famiglia di Gerard de Blanchefort, maestro templare del XII
secolo.
Nel 1887, il parroco Berenger Suniere si era fatto aiutare da due operai nel
risanamento della chiesa. I tre avevano sollevato una lastra di pietra vicino all’altare e
vi avevano scoperto sul retro l’incisione di due uomini che cavalcavano su un unico
destriero. Era il sigillo dei Templari! E ancora oggi potete ammirarlo nel museo del
villaggio. Sauniere sospettò che quell’indizio potesse condurre a qualcosa di
importante e preferì pertanto proseguire da solo nei lavori di restauro. Smantellò
l’altare e all’interno di uno dei pilastri scoprì dei tubi di legno vuoti sigillati con la
cera. All’interno dei tubi si trovavano le pergamene. Nel cimitero della chiesa,
Sauniere cancellò l’inscrizione sulla lapide della marchesa Maria de Blanchefort,
un’anagramma alludente a Poussin e a Teniers (pittore fiammingo contemporaneo di
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Poussin). C’è chi sostiene che Sauniere non si imbatté nelle pergamene per caso, ma fu
guidato sulle loro tracce direttamente dagli Alpha Galates.
Proprio coi Philadelphes il curato entrò in contrasto alla fine del 1916 e,
stranamente, già il 12 gennaio 1917 la sua governante, Marie Denardau, aveva
ordinato la sua bara. Bisogna dire che il 12 gennaio il sacerdote godeva di ottima
salute e, fatto ancora più importante, era proprio Marie che fungeva da tramite tra
Sauniere e San Sulpicio. Sauniere morì il 17 gennaio 1917, giorno di San Sulpicio.
Sauniere collaborava in segreto con altri due sacerdoti del luogo, l’abate Boudet a
Rennes le Bains, e l’abate Gelis a Coutaussa. Tutti e tre beneficiarono di rendite
inattese, provenienti tra l’altro dall’Arciduca Giovanni d’Asburgo, cugino
dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. Nel 1897 l’amicizia tra i sacerdoti
venne rotta dall’omicidio di Gelis, il quale era diventato un recluso e viveva in una
stanza blindata. Gelis fu massacrato a morte da qualcuno che conosceva e di cui si
fidava, poiché gli aprì la porta e disattivò l’allarme che aveva installato. Nonostante la
morte violenta e l’aspra lotta che la precedette, il cadavere venne composto sul
pavimento, come se si trattasse di un rituale. Sulla tomba di Gelis, sormontata da una
croce templare, compare la parola "assassino" e la lapide è decorata con una rosa, il
simbolo dei Rosa+Croce per indicare una morte prematura. Anche sulla tomba di
Sauniere, al cimitero, sono incise una rosa e una croce.
Riprendiamo da Nodier. Tra le sue opere più importanti ce n’è una dedicata ai
luoghi notevoli dell’antica Francia, con ampio spazio all’epoca merovingia, lunghe
sezioni sui Templari e un articolo su Gisors. Tra le opere dei discepoli spiccano quelle
di de Labouissé, prima fra tutte Un Viaggio a Rennes-les-Bains (1832), un saggio su
un tesoro leggendario associato ai Templari di Blanchefort e Rennes-le Chateau. Dello
stesso autore sono Gli Amanti - A Eléonore -, sul cui frontespizio appare senza
spiegazione il motto ET IN ARCADIA EGO. Nel 1797 fu fondato un gruppo
omonimo dei Philadelphes e un amico intimo di Nodier dedicò a questo gruppo il
saggio Il pastore d’Arcadia o i primi accenti d’un flauto agreste, conservato oggi alla
biblioteca di Besancon.
Da Nodier venne la Paris fin de Siecle, e da questa ne uscì la malvagia Golden
Dawn (lett. l’Alba Dorata). Nei salotti della Parigi-bene si consumavano parole; i té
del martedì trascorrevano lenti alla luce di candele nella villa di Stéphane Mallarmé,
accavallando l’un l’altro i deliri di uomini senza fallo, semidéi che abitavano castelli
inargentati. Banchieri, pizzicagnoli, notai, coi ventri obesi e le mani sudate, coi cuori a
forma di salvadanai; uomini a cui la pietà non conveniva, che muovevano le tombe e le
accostavano l’un l’altra come tessere giganti di un dominio senza fine. I nobili di
Francia si lasciarono cadere nel più infimo istinto della carne, sfogando la passione nel
sangue di innocenti. La folle gloria toccò gli apogei mentre essi adoravano il male e lo
ingraziavano coi sacrifici4.
4 La scelta dei termini è stata ispirata dal brano di Fabrizio dé André Recitativo (Due Invocazioni E Un
Atto D’accusa).
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É in questo contesto che Eliphas Lévi, allievo di Nodier, si recò a Londra per
incontrare Edward Bulwer Lytton (1803 - 1873), un nobile inglese che praticava con
successo sia la politica che l’occultismo. A soli 28 anni Bulwer Lytton era entrato in
parlamento tra i deputati liberali; più tardi sarebbe diventato ministro coloniale
britannico e in tale veste sarebbe stato coinvolto nella campagna di imposizione
dell’Oppio ai Cinesi (dal 1842 in poi). Fu Gran Patrono della Societas Rosicruciana in
Anglia (- SRIA - la stessa che aveva accolto Francis Bacon e John Dee), nonché Gran
Maestro della Massoneria di Rito Scozzese. Fu un caro amico dello scrittore Charles
Dickens e del primo ministro britannico Benjamin Disraeli che lo mise a capo dei
Servizi Segreti. Sembra che tra i suoi agenti annoverasse Helena Petrovna Blavatsky,
la nobildonna di origine ucraina che nel 1873 fondò a Krotona (California) la arcinota
Società Teosofica.
Nel 1834 Lytton pubblicò il famoso romanzo Gli ultimi giorni di Pompei; nel 1835
scrisse Rienzi, personaggio che affascinerà Hitler attraverso l’omonima opera di
Wagner; nel 1841 si dimise dal Parlamento per tornarvi nel 1852 come deputato
conservatore; nel 1866 divenne Lord Lytton di Knebworth e quindi Pari d’Inghilterra.
Nel frattempo erano uscite le sue opere ispirate all’occultismo: Zanoni (1849), Una
strana storia (1862), Maghi e magia (1865) e, a seguire (1871), La razza ventura. Qui
ipotizzò l’esistenza di un’energia omni-permanente chiamata Vril, similare in qualche
modo all’energia del vuoto quantico, ma con caratteri di tipo vitale, perché ogni essere
avrebbe potuto entrarvi in contatto e sviluppare super-poteri5. É quella che i Cavalieri
dello Zodiaco chiamavano 'Cosmo'.
Lytton e Lévi furono i veri ispiratori della Golden Dawn di Londra e delle sue
consociate in Germania, la Società Thule e la Società Vril (Vril Gesellschaft, detta
Loggia Luminosa). La Golden Dawn fu fondata nel 1888 da tre massoni e confratelli
della SRIA: William Robert Woodman, William Wynn Westcott e Samuel Liddell
MacGregor Mathers. Mathers aveva conosciuto Madame Blavatsky, così come aveva
fatto il Gran Maestro del tempio londinese dell’Ordine, il poeta William Butler Yeats,
che si sarebbe poi aggiudicato il premio Nobel. Tra i segnali segreti della Golden
Dawn c’era il saluto a braccio levato che i nazisti avrebbero accompagnato al grido di
"Heil Hitler". La gerarchia dell’Ordine prevedeva 3 gradi:
1. Superiori Incogniti (ne avrebbe parlato spesso Hitler, affermando più volte di
operare secondo i loro dettami);
2. Ordine della Rosa Rossa e della Croce D’Oro;
3. Apprendisti della Golden Dawn.
La società venne presto trascinata alla deriva da Aleister Crowley, allievo rinnegato di
Mathers che sosteneva di trovarsi in contatto con un’entità metapsichica chimata
5 Al pari di Eliphas Levi, anche Bulwer-Lytton era entrato in contatto con gli esponenti della tradizione
magica napoletana, in particolare con Domenico Bocchini che lo aveva iniziato nelle catacombe di San
Gennaro a Capodimonte.
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Aiwass. Il carisma di Crowley fu tale da consentirgli di aggirare le procedure di
iniziazione e di autoproclamarsi Magus, ovvero adepto del livello più alto. Tra i
membri illustri del periodo figura lo scrittore di fantascienza Herbert George Wells.
Tramite Wells, Alyster Crowley conobbe Aldous Huxley (autore nel 1932 de Il Nuovo
Mondo) e Julian Huxley (direttore generale dell’UNESCO), nipoti del fondatore della
Tavola Rotonda/Occhio che Tutto Vede, Cecil Rhodes. Sotto Crowley la Golden Dawn
non sembrò far caso alle sottili differenze tra scuola esoterica e setta satanica, dando
sfogo alle perversioni violente già evidenti nella Paris fin de Siecle. Difficile stabilire
quanto queste perversioni fossero presenti nel pensiero originario di Nodier, Eliphas
Levi e Bulwer Lytton, forse del tutto o forse per niente.
Sappiamo che nel 1854 Lytton e Lévi evocarono lo spirito di Apollonio di Tiana
nel corso di un’operazione magica sulla sommità del Panteon di Londra. Apollonio era
stato un asceta del I sec. d.C. e vari indizi (seppur nulla di certo) ci spingono a
idenficarlo con San Paolo di Tarso, allo stesso modo in cui il suo discepolo Damis
mostra tratti di comunanza con San Tommaso. Del resto l’Inghilterra meridionale
resterà a lungo un polo di attrazione per gli appassionati di occultismo, fino ai giorni
nostri e soprattutto nella zona di Avebury, con la sua topografia ’sìssimile al suolo
marziano di Cydonia, i suoi geoglifi e le frequenti apparizioni di Crop Circles.
Due parole sui dischi volanti che sono spesso avvistati nei dintorni dei Crop
Circles. L’espressione "Disco Volante" fu coniata dal pilota Kenneth Arnold che la
notte del 24 giugno 1947 osservò degli strani oggetti volanti di forma piattoidale
durante un volo sul suo CallAir A-2. Nello stesso luglio ci fu il presunto ufo-crash di
Roosevelt. Ma proprio a Roosevelt, dal 1930, venivano condotti esperimenti
missilistici diretti dal fisico Robert Goddard, mentre a 200 km di distanza si
effettuavano test atomici e si provavano le imitazioni dei razzi tedeschi V2.
Goddard fu contattato successivamente da John Whiteside (Jack) Parsons,
appassionato di missilistica e di spiritismo (fu co-fondatore del Jet Propulsion
Laboratory (JPL) e Aerojet Corporation). All’età di 25 anni Jack Parsons conobbe
Crowley e ne divenne seguace. Insieme diedero vita al progetto Babalon (Babalon
Working), spinti anche da Ron Hubbard, il creatore di Scientology. Il progetto è stato
favoleggiato al cinema con la pellicola Rosemary’s Baby di Roman Polansky. Dopo il
rituale, Parsons trovò nella propria casa Marjorie Cameron, artista, attrice ed
occultista, arruolata nella marina. Parsons interpretò la sua presenza come risultato del
rituale e i due si sposarono.
Ho fatto un pensiero: considerato che l’entità con cui parlava Crowley era Aiwass,
e che "marina" in inglese è "Navy", c’è forse un legame con il film Avatar, dove la
divinità è detta Eiwa e i suoi discepoli Navy? É un caso che il regista sia di cognome
Cameron? A prescindere da questo, il messaggio del film è davvero molto buono, e
rispecchia a pieno la mia idea di spiritualità.
Ma torniamo sui nostri passi. Le logge tedesche subirono la stessa ignominia della
Golden Dawn. La Società Thule fu fondata nel 1910 da Felix Niedner, un’esperto di
tradizione germanica ispirato dagli scritti di Lanz Von Liebenfels. Quest’ultimo aveva
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ricevuto la propria istruzione nella comunità cistercense di Linz, ma fin da giovane era
stato affascinato dai riti esoterici della cultura indiana e di altre religioni orientali.
Liebenfels si scostò sempre più dalla religione cristiana finché nel 1895 fu espulso da
Linz e abbandonò i voti. Nello stesso anno raggiunse l’India alla ricerca di ispirazione
per fondare un proprio ordine esoterico e qui maturò l’idea del dominio naturale della
casta ariana, che avrebbe governato l’India dall’antichità più remota.
La Società Thule fu trasferita a Monaco il 18 agosto 1918 su iniziativa del Barone
Rudolf Glauer von Sebottendorff. Il gruppo si riuniva ogni sabato nelle ampie e
lussuose stanze dell’Hotel Vier Jahreszeiten, con un totale di 500 membri provenienti
dalla Baviera, di cui 250 dalla stessa Monaco. La Thule attinse a piene mani dalle
teorie del professore di geopolitica Karl Haushofer, il quale individuava nella Cina il
punto strategico da conquistare e da cui influenzare il mondo intero sul piano politico,
economico e militare. Una tale convinzione doveva essere condivisa dai popoli antichi
che chiamavano la Cina "Zhong Guo" (Terra di Mezzo). Secondo Haushofer, la
posizione geografica, il clima e persino la composizione del terreno avevano un ruolo
essenziale nell’influenzare i rapporti e le relazioni politiche di un Paese. La Russia e
l’Asia erano il "cuore del mondo" e il premio per chi le avesse conquistate sarebbe
stato il dominio mondiale: per questo doveva essere sancito un "Patto d’Acciaio" tra la
Germania e il Giappone, così da ingabbiare l’Asia tra le ganasce di un’immensa
morsa.
Secondo la Thule, in Asia centrale si sarebbero trovati gli antichi "Maestri
sconosciuti", i sopravvissuti di una razza eletta che sarebbe vissuta tra Tibet e Nepal. I
Maestri si sarebbero rifugiati nelle viscere della terra in seguito a una spaventosa
catastrofe, e qui avrebbero fondato una straordinaria civiltà sotterranea: la mitica
Agartha. Attraverso specifici riti occulti, svolti solitamente nei boschi e vicino a corsi
d’acqua, gli appartenenti alla Thule miravano ad entrare in contatto con questa sorta di
superuomini, al fine di ricostituire la razza superiore.
L’eredità ideologica della società Thule fu raccolta dal Partito Nazionalsocialista
tedesco (NSDAP). Adolf Hitler e il suo movimento forgiarono il loro pensiero e
cominciarono la loro scalata all’ombra di personaggi controversi come Von
Sebottendorff e Dietrich Eckart (il poeta e drammaturgo che partecipò con Hitler al
fallito Putsch di Monaco del 1923). Hitler fu iniziato alla Società Thule nel 1919
proprio da Eckart, che in quel periodo ne era il leader, e nel 1925 dedicò a lui il suo
Mein Kampf.
I rapporti tra la Golden Dawn e le consociate tedesche furono certamente di lunga
durata; nel 1941, in piena Seconda Guerra Mondiale, il vice Fuhrer Rudolf Hess si
paracadutò in missione segreta sul suolo britannico, con l’intenzione di proporre al
"nemico" un "patto di ferro" di portata storica, prima dell’attacco alla Russia Sovietica:
alla Germania sarebbe toccata la supremazia in Europa e il riconoscimento del suo
"spazio vitale" ad est; all’Inghilterra l’Impero Coloniale e i mari. Il nuovo ordine
geopolitico mondiale avrebbe assicurato per secoli la pace e il benessere di due nazioni
elette e dei popoli del mondo. Due nazioni e un’unica razza germanica. Il piano non
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andò in porto; Hess, passato per un alienato mentale, fu processato a Norimberga a
fine guerra, condannato all’ergastolo e morì in carcere. Il tutto rimase secretato fino a
pochi anni fa. Grazie alla legge del "Freedom Act" sono emersi documenti top secret
sul Novecento e i nomi dell’ ambasciatore tedesco Ulrich von Hassell, del Ministro
degli Esteri inglese Lord Halifax, del Premier Chamberlain e di un certo James
Bryans, figura chiave del progetto originario del 1939.
Al fianco di Thule e NSDAP si muoveva la Società del Vrill, confraternita di
scienziati che lavorava per il terzo reich nella costruzione di macchine volanti. Thule,
Vrill e NSDAP sono considerate propaggini di una setta esoterica chiamata Ordine
Tedesco (Germanenorden) il cui circolo più interno, il cosiddetto Ordine Nero,
secondo alcuni ricercatori coinciderebbe oggi con il circolo più interno della CIA.
Durante il Reich lo stesso circolo coincideva con le tredici maggiori cariche delle
Schutzstaffel (SS), l’unità paramilitare d’élite del Partito Nazista. Sopra a tutti si
poneva il Reichsführer Heinrich Himmler, che dirigeva i loro incontri nell’antico
castello di Wewelsberg, in Westphalia. Del resto è cosa ben nota che i gerarchi nazisti
usciti illesi da Norimberga furono integrati nella CIA attraverso l’operazione Paperclip
gestita dal direttore Allen Dulles (uno dei membri della commissione Warren che
"indagò" sull’omicidio di Kennedy - omicidio che probabilmente fu architettato dalla
stessa CIA -). Con lui c’erano il fratello John Foster Dulles, poi segretario di Stato, ed
Henry Kissinger, diplomatico statunitense e membro del Bilderberg.
Nel 1933 l’esperto di razzi Willi Ley scappò dalla Germania e rivelò l’esistenza
della Società Vril e la fiducia che i nazisti avevano in sé stessi quali futuri
superuomini; grazie all’uso di dottrine esoteriche e all’espansione della mente, essi
ambivano di divenire del tutto simili agli abitanti del sottosuolo.
Gli iniziati della Vrill Society di maggior prestigio furono Adolf Hitler, Heinrich
Himmler, Hermann Goering, Viktor Schauberger, Rudolf Schriever, Klaus
Habermohl, Richard (Walther) Miethe, Klaus Haber Mohl, Josef Andreas Epp e
Giuseppe Belluzzo (l’unico straniero, massone, ingegnere e senatore italiano). I
membri della Vrill erano convinti di essere in contatto con logge esoteriche misteriose
del Tibet e con uno dei cosiddetti "Superiori Sconosciuti". Tra le loro produzioni è
rinomato il V-7 (Vril 7), un elicottero supersonico a forma di disco sviluppato
dall’ingegner Richard Miethe. Decollava verticalmente raggiungendo un’altezza di
24.000 metri. In volo orizzontale toccò la velocità di 2.200 km/h durante un volo di
prova a Peenemunde il 14 febbraio 1944. Nel 1942 furono costruite alcune unità del
veivolo circolare RFZ6, denominato Haunebu II. Aveva un diametro di 32 metri e
un’altezza sull’asse centrale di 11 metri e, in prossimità del suolo, arrivava ad una
velocità di oltre 6.000 km/h. Aveva un’autonomia operativa di 55 ore, decollava
verticalmente e poteva volare in senso orizzontale, verticale e, soprattutto, poteva
manovrare ad angoli retti. Fin dal 1945 gli Haunebu riuscivano a volare intorno al
globo in poche ore. Una versione a grande capacità aveva un diametro di 120 metri che
comprendeva una zona notte. Riuscite ad immaginare perchè ci fosse una zona notte se
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si poteva volare attorno al mondo in sole poche ore? Forse perché non tutti i viaggi si
limitavano alla Terra…
Il 24 marzo 1950 comparve sul quotidiano Il Giornale d’Italia un articolo dal titolo
I dischi volanti furono ideati nel 1942 in Italia e in Germania nella quale lo stesso
Belluzzo sosteneva di aver partecipato personalmente alla progettazione di un disco
volante, a partire dal 1942. La rivista Der Spiegel nel numero del 30 marzo 1950
riportò un’intervista rilasciata da Schriever secondo il quale, nei pressi di Praga, nei
primi anni ’40 vi era una fabbrica della BMW che produceva alcuni dei velivoli noti
come "dischi volanti". In questo impianto avevano lavorato scienziati come Klaus
Haber Mohl, Giuseppe Belluzzo e Walther Miete (che aveva fatto parte del progetto
V-2, ma che poi si era occupato di progetti a disco) i quali seguirono gli studi di
Schrieve su un prototipo di velivolo discoidale.
Ho visto Agharta
Ci sono altri viaggi che si realizzano soltanto in testa, per adesso… Attendo il mio
momento per uscire allo scoperto, sottratto al mondo reale dal velo d’acqua di una
cascata, sipario di Pan ai margini del canyon di frontiera. Sto seduto immobile su un
grosso masso, con il gomito appoggiato al ginocchio e la mano destra che sorregge il
mento. Guardo fisso in avanti, all’immagine distorta dall’acqua di una ragazza che
lentamente si spoglia sulla riva e offre il proprio corpo al dio del fiume, candido che si
confonde al deserto di calcare. É presto per uscire; è tempo di meditare finché lo
scroscio dell’acqua copre i rumori della vita e massaggia la mia schiena. Oppure mi
ferisce e al contempo mi piace, perché il dolore tiene lontani i cattivi pensieri. La
prenderò come alito di vento, quando sarà l’ora, quando ci tufferemo insieme nelle
profondità del lago per riprendere la collana Heilige. É questa la mia visione, e mi
rifugio in quella caverna dietro la cascata a trovare la mia pace e a stringere i pugni per
conquistare di nuovo il mio regno.
La ragazza si chiamava Clair, adottata dal vecchio Enoch, mio maestro di
combattimento e di vita. Era stata abbandonata alla nascita sull’uscio della grotta, la
stessa che imboccai nel giorno in cui tutto cambiò, quando l’unico rumore era l’acqua
che cadeva a gocce e scavava piccole pozze sul piano di calpestio. Avevo solo una
torcia elettrica che rischiava di spegnersi prima che potessi risalire, ed ogni passo in
avanti portava con sé la consapevolezza di doverlo rifare al contrario. Più strada, più
tempo, più rischio. Poi le pareti assunsero d’improvviso un profilo regolare,
accompagnato da un tenue bagliore verde in lontananza. Infine arrivò la stanza
ottagonale, dove persi i sensi prima di risvegliarmi ai piedi di quel vecchio nel saio
bianco. Lei spiava da dietro lo spiraglio di una pesante porta scorrevole di metallo.
Portava lo stesso nome di quella ragazza di bassa statura che saliva sul mio stesso
autobus. Era una piccola déa dai capelli a caschetto. Ero in quarta superiore e Clair fu
probabilmente il primo sprone che mi condusse lentamente all’epifania nel giorno
della cuccagna. Almeno quando scrissi a lei il bigliettino non rimase nello zaino;
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stupidamente lo gettai nel suo giardino, ad un numero civico rintracciato sulla base del
cognome e di racconti orecchiati in autobus. Fu un gesto patetico che mi costò un
intero anno di imbarazzo e di occhiate furtive, ma era stato pur sempre un primo passo.
Quando tentai il mio primo romanzo ero in seconda superiore e mi dilettavo con un
libro ingiallito su Nostradamus e le sue profezie, ignaro del ruolo di quest’ultime nel
manipolare la corona francese. Non arrivò nessun Re del Terrore quell’anno (previsto
in X.72), sebbere imperversasse la guerra nel vicino Kosovo. Non sapevo nulla del
nazismo esoterico e dei suoi legami con la Golden Dawn, né sapevo nulla su Agharta,
eccetto il nome e la consapevolezza che si trattava di un mondo sotterraneo. Fatto
ancora più importante, non sapevo che i nazisti avevano cercato di arrivarci.
C’era però un precedente. Nel decennio nazista circolavano due idee piuttosto
diverse di Mondo Sotterraneo: la prima prevedeva un mondo in fin dei conti ordinario,
arricchito da gallerie abbastanza grandi e diramate da ospitare una civiltà sotterranea;
la seconda teoria era invece decisamente più estrema. Era uscita nel 1869 dalla mente
di un eccentrico studioso di New York chiamato Cyrus Teed. Secondo Teed, la Terra
sarebbe stata un guscio vuoto, un globo cavo (più o meno come un uovo pasquale).
L’umanità avrebbe abitato sul lato interno, coi piedi attaccati al bordo e la testa rivolta
all’interno. Il Sole avrebbe stazionato nel centro della sfera, e una nube oscura ci
avrebbe ruotato intorno in un periodo di 24 ore, determinando in tal modo il giorno e
la notte. Le stelle sarebbero state un’illusione, conseguenza della luce del sole che
penetrava le zone rarefatte della nube.
A farne propaganda nell’ambiente nazista era stato l’aviatore Karl Neupert. Il
maresciallo Hermann Wilhelm Göring, il numero due del Terzo Reich dopo Hitler,
fece organizzare nel 1942 una strana spedizione presso l’isola di Ruegen nel Mar
Baltico. Con Hitler e Himmler consenzienti, la spedizione aveva come responsabile il
professor Heinz Fischer, specialista in radiazioni infrarosse e nel campo delle
microonde. Le apparecchiature radar di cui disponeva Fischer potevano infatti
permettere, se la teoria di Neupert fosse stata esatta, di "procurare innumerevoli
vantaggi alle alte sfere del comando militare tedesco". Le angolazioni ricettive dei
radar puntati verso lo spazio avrebbero dato per esempio l’esatta ubicazione della
flotta da guerra britannica che si sapeva raccolta in gran parte nella zona di "Scapa
Flow". Dopo qualche giorno di tentativi infruttuosi, la spedizione fu costretta a
smobilitare. Ma questo a noi non importa. Piuttosto torno alla mente alle elementari,
una classe qualsiasi tra la prima e la terza, ai tempi del maestro Bob. Alzai la mano e
feci la seguente, incompresa, domanda: "Come fanno gli astronauti ad uscire dalla
Terra?" "Uscire dalla Terra?! Intendi a uscire dall’atmosfera?" Sì, certo, come se a
quei tempi avessi saputo cos’era l’atmosfera… La domanda era chiara nella mia testa,
ma non lo era affatto in quella del maestro e degli altri tredici testimoni. Ero convinto
di vivere all’interno della Terra, proprio come Neupert, ed ero convinto che gli
astronauti dovessero bucare il guscio per uscire nello spazio aperto. Come cavolo mi
era venuta in mente una cosa simile? Sembra quasi un’ovvia consecuzio che il mio
romanzo dovesse rivelare altri dettagli di quell’epoca.
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La mia storia iniziava con una passaggiata tra le montagne nel Devonshire, in
Inghilterra, un luogo in cui mi ero rifugiato per raffreddare una delusione amorosa. E
avrei avuto ben motivo per farlo. Poi trovavo una galleria e camminavo a lungo alla
luce di una torcia elettrica, finché mi veniva incontro un diffuso bagliore verde. Il
mondo che incontravo laggiù era del tutto simile al mondo di fuori, con i campi, i
fiumi, le case e un sole artificiale che sembrava vero. Solo sembrava sospeso un paio
di secoli nel passato, in un’atmosfera contadina priva di macchinari e luce elettrica.
L’unica eccezione era una stanza sconosciuta ai più, vigilata severamente da un
anziano di nome Enoch; egli la impiegava per i propri allenamenti, essendo essa
capace di incrementare la gravità e rendere più pesanti i movimenti (anche questa
l’avrei vista anni più tardi, nel famosissimo manga Dragonball).
Quell’uomo mi avrebbe trattenuto in quel mondo alieno che giorno dopo giorno mi
sarebbe sembrato sempre più stretto. Non potevo uscire per non rivelare la loro
esistenza, e la mia parola non sarebbe stata per lui una garanzia sufficiente. Solo la
figlia, Clair, avrebbe avuto compassione per la mia anima, spronata dalla distorta
passione che ci avrebbe legati per mesi, fino al nostro rapimento e la forzata
separazione. Quando anni più tardi lessi il libro di Lytton, mi resi conto di quanto
vicini potessero essere i nostri pensieri, sebbene ci separassero 150 anni e un abisso di
stile. Nel suo romanzo c’era una giovane donna somigliante a Clair, la figlia del
capovillaggio che per Lytton si chiamava Zee, destinata anch’essa ad innamorarsi del
giovane esploratore capitato per caso. Anche a Lytton era vietato tornare in superficie,
e anche nel suo caso sarebbe stata la donna a sbloccare la situazione. Nelle prime
battute il protagonista veniva accompagnato per il corridoio di un vetusto edificio, e
qui scorreva le scene dipinte nei quadri che raffiguravano la storia di quel mondo.
Ebbene lo stesso corridoio l’ho immaginato nella mia testa e l’ho descritto nel MIO
romanzo.
É possibile che un’idea si trasferisca da una testa all’altra, come se una parte di
cervello agisse da antenna? Indagando ho trovato un caso simile al mio. Il 2 marzo
1875 lo scrittore Mark Twain stava pigramente meditando a letto quando gli sobbalzò
alla mente una nuova idea per un libro di avventura. Pensava ad un’ambientazione
nelle miniere d’argento del Nevada di cui all’epoca si parlava molto e con grande
interesse. Individuò la persona più adatta a scriverlo in un ex collega del Nevada, un
certo William H. Wright che non sentiva da dieci anni. Twain buttò giù l’intero piano
dell’opera. Poi il 9 marzo ricevette una lettera proprio da Wright, spedita guarda caso
il 2 di marzo. L’amico gli presentava un progetto assolutamente personale che
riguardava… indovinate un po’… le miniere d’argento. Wright chiedeva inoltre un
parere sulla suddivisione in capitoli allegata alla lettera e su alcune specificità del
programma descrittivo.
Il confronto fra i due manoscritti rivelò la corrispondenza di troppi dettagli per
spiegarne la somiglianza come una semplice coincidenza. Secondo Twain non c’era
nessuna ragione plausibile per dubitare che la propria mente e quella di Wright la
mattina del 2 marzo fossero state in stretta comunicazione, a dispetto delle 3000 miglia
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di montagne e deserto che li separavano fisicamente. Si rese conto che il telegrafista
era stato il collega del Nevada, mentre lui aveva rubato il soggetto di un romanzo
senza saperlo.
Nel 1891 Twain pubblicò Mental Telegraphy, un libretto in cui presentava
un’ampia casistica di similarità di racconti e saggi, firmati da autori lontanissimi nello
spazio e nel tempo e certamente disinteressati al copiarsi l’un l’altro. I numerosi
esempi riportati sono corredati di nomi e testimonianze. Anche parlando d’invenzioni
il trasferimento” di idee è tutt’altro che raro, con un’ampia casistica di persone che
hanno ideato lo stesso strumento praticamente in contemporanea. Uno di questi è stato
il telefono, progettato indipendentemente da Antonio Meucci, Innocenzo Manzetti,
Elisha Gray e Alexander Graham Bell. Le richieste di brevetto di Elisha Gray e
Alexander Graham Bell furono presentate a sole due ore di distanza una dall’altra.
Non andremo oltre. Chi fosse interessato alla questione potrebbe leggere Fulvia
Cariglia, Incontrare il mistero - Vite segnate dall’ignoto -. Tornando al mio romanzo,
un ruolo chiave sarebbe toccato proprio ai nazisti. Io e Clair saremmo stati rapiti nel
momento in cui l’avessi convinta a superare il confine delle colture, contravvenendo
agli ordini tassativi di Enoch. Ne sarebbe valsa la pena per un tuffo insieme nelle
acque gelide del lago, coi miei addominali scolpiti nella 'sala' che si sarebbero stretti al
suo petto sodo e pieno.
Ci stavamo vestendo, usando le magliette come asciugamani per i capelli, ma
prima di montare a cavallo fui distratto da una strana bestiola. Era uno scoiattolo dalle
striature bianco-argentate, che mi fissava sull’attenti con le zampe davanti che gli
coprivano il mento e le labbra che strofinavano le unghiette. Sembrava che volesse
dirmi qualcosa, anzi, ero certo di averlo sentito parlare, un impercettibile "seguimi".
Mi sarei rimproverato a lungo per aver insistito a seguirlo, quando in un guizzo si era
infilato nell’erba alta e aveva cominciato a correre. Clair voleva tornare a casa, "è
tardi" diceva, "ci aspettano per cena". Ma io non sentivo ragioni; dopotutto non vivevo
più nella realtà, ma in un mondo fittizio che della realtà aveva soltanto la consistenza.
Ora penserei che nemmeno quella che chiamo 'realtà' ha qualcosa di più della
consistenza, nulla al di fuori di blandi segnali al mio ipotalamo suggeriti dai 5 sensi.
Al di là delle colture il mondo sotterraneo era un freddo deserto con le fattezze del
Gran Canyon. Non passò molto tempo quando una jeep militare frenò bruscamente
davanti ai cavalli e li fece imbizzarire al punto tale da gettarci a terra in una pozza di
fango. Quando alzai lo sguardo, liberando gli occhi da chiazze di pantano, lo scoiattolo
era già scomparso, mentre un generale in pantaloni mimetici e torso nudo impartiva
ordini ai suoi compagni. Non aveva un pelo sul corpo, né barba né capelli, neppure
sopracciglia. Aveva pupille talmente chiare da sembrare assenti, eppure ci vedeva
benissimo; notavo come scorreva ogni particolare dei nostri abiti e lineamenti, mentre
i compagni ci trattenevano alle spalle stringendo pesanti catene ai nostri polsi. Clair
sembrava tutt’altro che stupita; triste, impaurita, ma non stupita. Lei lo sapeva. Perchè
non mi aveva detto di quella gente? La doppia runa Sieg che portavano sulla spalla era
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fin troppo reale per crederli dei cosplay… Possibile che militanti SS sopravvivessero a
due chilometri sottoterra?
Di fronte alla città mi fecero scendere, mentre la jeep portava Clair verso quel cupo
assemblamento di macchinari. Erano alloggi, laboratori, locali, neri come la pece,
freddi e imbullonati come se la città fosse un immenso robot progettato per
trasformarsi in razzo e riemergere nel mondo superiore. Il palazzo centrale, con la sua
raggera di archi rampanti che somigliavano a fontane di petrolio, avrebbe potuto essere
la plancia, con la carlinga nel piano più alto, l’ufficio a vetri dove più tardi l’avrei
incontrato, il Furher. Era ringiovanito, ma era indubbiamente lui, con lo stesso sguardo
alienato di quando officiava dal palco. Quell’uomo non era felice; era solo un
incompreso che cercava la propria gioia nella gloria e nel dominio, usando l’altrui
dolore come una danza estatica per bruciare il proprio. Perché prolungava la sua e
l’altrui agonia?
Lui sarebbe morto laggiù, vittima di nuove forze liberate senza averne il controllo,
ma i suoi uomini sarebbero tornati. Io sarei tornato libero, e così Clair, ma troppo
aveva patito per rivolgermi ancora la parola. Alla fine però avremmo vinto noi, perchè
i buoni alla fine vincono, non solo nelle favole. Resta la domanda più grossa, ed è
perchè io sapessi di trovare Hitler laggiù. Come potevo sapere che i nazisti avevano
cercato Agharta? Avevo 15 anni e un mare di ignoranza. É stato solo un caso oppure
avevo "visto"?
Per un po’ dopo la fine del Reich si diffuse la voce di una fuga di nazisti nel
sottosuolo. Secondo la voce, alcuni membri della gerarchia, compreso lo stesso Hitler,
sarebbero scappati alla pira di Berlino rifugiandosi in gallerie segrete che sbucavano in
Sud America. Il dottor Robert Dorion, direttore del dipartimento di odontoiatria
forense del ministero del Procuratore distrettuale del Québec, a Montréal, ha
riscontrato macroscopiche discrepanze tra le radiografie dei denti del presunto
cadavere di Hitler e le migliaia di fotografie in cui il fuhrer era stato immortalato con
la bocca aperta. La spaziatura tra un dente e l’altro risulta infatti differente. Hitler
aveva un canale radicolare e un dente di porcellana che il cadavere non aveva, e il
ponte dell’arcata inferiore presentava molte differenze.
Non era la prima volta che "vedevo" in quei giorni. Ero in motorino, lungo l’usuale
percorso che mi portava da casa a scuola. All’improvviso, mentre svoltavo a sinistra su
una strada secondaria, vidi l’auto di mio cugino che mi investiva… Non c’era nessuna
auto, solo una piccola allucinazione. Poco più avanti correvo su una strada più stretta,
alle spalle di un furgone bianco che procedeva a 40 km/h. Mi buttavo continuamente
verso il centro della carreggiata, cercando di scovare il momento opportuno per
superarlo ed evitare un fastidioso ritardo. Una volta mi sono sporto un po’ troppo ed
ho sfiorato l’auto che procedeva in senso opposto. Per fortuna non c’è stato impatto,
nessun danno ed entrambi abbiamo proseguito oltre. Ciò che davvero era strano, era
quell’auto in sé, perchè quell’auto aveva mio cugino sul posto di guida.
Sono passati 14 anni. Ciò che mi brucia dentro adesso è terribile. É la paura che
tutto si chiuda qui, o peggio, che si corroda lentamente trascinando con sé i miei sogni,
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le speranze e la mia gioventù. Ho la sensazione costante che la felicità sia appena al di
là del ponte, poco oltre l’orizzonte, ma è proprio mentre mi avvicino che l’orizzonte di
continuo si allontana. Convivere con una mente malata ti impedisce di rispettare i tuoi
programmi, perché la mano invisibile è sempre pronta a strangolarti, innescata dal più
banale dei pensieri, da un sentire fisiologico o dal toccare qualcosa con le mani
impure’. Ecco allora che il cervello si blocca, la mente non ragiona e il più banale dei
ricordi non viene a galla; il corpo si scoordina e la bocca blatera d’impaccio; calcoli e
connessioni logiche diventano impossibili. Tu sai di potere molto, forse tutto, ma ecco
che sul più bello non sei più tu; appena tenti di costruire qualcosa le tue sinapsi si
aggrappano al ricordo fugace di uno stato di malessere, che rinasce e si fissa in te,
costringendoti a ripetere quell’attimo e tutto quanto ne è seguìto, una sorta di replay
sacrificale per riscrivere la storia recente e da lì ripartire. Hai la sensazione che non
respirerai, che il pene ti brucerà o che la tua vescica spargerà pipì come ad un bimbo
incontinente, se non ripeti quel gesto. La giornata è perduta; la tua vita non procede
mentre il mondo accelera e ti lascia indietro senza pietà. Per il mondo potresti morire
adesso, diventare carne marcia per i vermi, budella macilente che infastidiscono gli
occhi e l’olfatto. Temo che non finirò mai di scrivere quel romanzo, e che questo
dolore non mi lascerà mai. Potrebbe arrivare il giorno in cui la mia lotta non sarà
abbastanza, e allora non ci sarà più motivo per sopportare e stringere i pugni contro i
miei fianchi. Mi basterebbe la carezza della sera, appoggiato al seno di una donna,
dentro di lei, o al suo fianco in un’avventura pensata insieme. Dov’è quella pace che
trovavo in mezzo all’erba, sdraiato a guardare il volo del falco con un fiore tra i denti?
I cieli azzurri di quei giorni sono cancellati da una fitta nebbia che decompone il mio
mondo e ne invecchia gli abitanti. La vita si spegne a colpi di click su un I-Pad.
Nizza e l’astronave Luna
Il sottosuolo custodisce i segni di un passato rinnegato, riservato allo scherno della
ricerca ufficiale. Eppure negli anni ’60 un pezzo del puzzle era emerso alla luce: è da
questo periodo post-bellico che partono le testimonianze dirette dei miei "informatori".
Nei primi anni ’60, appunto, durante le opere di sbancamento nella città di Nizza, in
Costa Azzurra, necessarie per la costruzione di un centro commerciale, si verificò una
clamorosa scoperta: in uno strato geologico sicuramente vecchio di almeno 600.000
anni (seicentomila! ), i tecnici coinvolti assistettero sgomenti al ritrovamento di resti di
caseggiati ed appartamenti architettonicamente di tipo moderno, con tanto di tracce di
servizi igienici, ma dall’età spaventosamente antica. Era una conferma sicuramente
certa della teoria ciclica delle civiltà.
Floriano Silla, il futuro presidente dell’Associazione Nazionale Geologi Italiani,
era uno di quei tecnici. Egli avrebbe voluto divulgare la clamorosa notizia ai media,
ma venne prima bloccato e poi minacciato dai servizi segreti occidentali -
probabilmente francesi ed americani congiuntamente - invitandolo caldemente a non
osare una cosa simile. In caso contrario sarebbe stato rinchiuso come pazzo e la sua
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carriera professionale sarebbe finita. Il geologo tenne così forzatamente la bocca
chiusa.
Nizza non è un caso isolato. Con lei c’è Tartesso (Gades), un sito ispanico di cui
scrissero molti antichi cronisti, come Strabone (I secolo a.C.):
I Turdetani [=Tartessiani] sono i più civilizzati tra gli iberici: conoscono
la scrittura e possiedono libri antichi, ed anche poemi e leggi in versi che
essi consideravano antichi di settemila anni… (Geografia III, 2-8)
o Ezechiele (VI secolo a.C.):
Tarshish commerciava con te [Tiro] per le tue ricchezze di ogni specie,
scambiando le tue mercanzie con argento, ferro, stagno e piombo…
(Ezechiele 27, 12)
Dopo la battaglia navale di Alalia (Aleria), nel 540 a.C., Tartesso fu distrutta e
ricostruita dai Cartaginesi. Nel IV secolo a.C. fu abbandonata e solo due secoli più
tardi i Romani non sapevano indicarne con esattezza la posizione. La città aveva alle
spalle un millennio di lusso e opulenza, garantito dalle sue miniere che rifornivano
d’argento l’intero Mediterraneo.
Nella carta del 1.500 redatta dall’ammiraglio turco Piri Reis appare quasi
interamente la Spagna. Basata su carte anteriori conservate a Costantinopoli, la mappa
riporta un immenso golfo oggi scomparso e colmato da una grande pianura. Accanto al
golfo appare un carro con quattro cavalli, l’emblema di Tartesso. Nella zona indicata
esiste ancora oggi un paese di poche case che conserva il nome di Tarsis, in prossimità
delle antiche miniere Minas da Rio. A far da scudo c’è un anfiteatro di montagne
chiamato "Sierra Haracina".
Nel punto indicato dalla mappa, nel 1992 un gruppo extra-universitario appoggiato
da politici spagnoli ha rimosso un’intera collina per un diametro di oltre un chilometro,
scavando ancora una buca sotto il livello della pianura. Il mio contatto sul posto ha
riferito la presenza sul fondo di un portale metallico recante in rilievo alcune figure di
animali. Oltre il portale si snodava una scalinata di marmo bianco e nero che dava
accesso alle antiche miniere.
Per alcuni giorni si è avuto un via vai di persone che trasportavano casse
dall’interno all’esterno sotto stretta vigilanza dei militari. A lavoro terminato la buca è
stata riempita d’acqua creando un lago artificiale. Tre vasi sono stati recuperati dal mio
contatto in mezzo al terreno di scarto.
Ma non finisce qui. Negli anni ’70 Neil Armstrong, il "primo" uomo sulla Luna, si
ritrovò catapultato in una missione tra le Ande e le foreste dell’Ecuador, con una
improvvisa missione occidentale (Scozzese) a visitare una strana grotta, la "Cueva de
los Tayos" a trecento metri di profondità e lunga più di 10 chilometri per visionare
delle strane formazioni megalitiche trovate sul fondo di questo tunnel naturale Sud
Americano. Possiamo pensare che si trovasse sul posto per confrontare "qualcosa"
all’interno della buca con "qualcosa" che aveva visto sulla luna. Ma cosa?
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Sempre negli anni ’60 ci si accorgeva che gli impatti delle sonde lunari al suolo
generavano onde d’urto decisamente anomale per un corpo "pieno". Nel novembre
1969, durante la missione Apollo 12, si collocarono dei sismografi sul suolo lunare e si
fece schiantare il Modulo con una forza d’impatto paragonabile a una tonnellata di
dinamite. Le onde d’urto si susseguirono per otto minuti, e gli scienziati della NASA
affermarono che "la Luna risuonò come una campana". Maurice Ewing, co-direttore
dell’esperimento sismico, durante una conferenza dichiarò di non avere la minima idea
di come questo fosse potuto accadere: "Al momento preferirei non formulare alcuna
interpretazione riguardo al significato di questo evento, ma è come se qualcuno,
mettiamo, avesse percosso una campana sul campanile di una chiesa con un colpo
solo, e il riverbero fosse durato per una trentina di minuti". Secondo Frank Press del
MIT, "la possibilità che un impatto piuttosto 'ridotto' avesse prodotto un effetto della
durata di 30 minuti, andava ben oltre la portata della nostra esperienza". La missione
Apollo 13 del 1970 fallì a causa di problemi tecnici, e il Saturno V, il veicolo di lancio
del peso di 15 tonnellate, venne fatto schiantare sulla Luna a circa 160 km di distanza
dal punto in cui la precedente missione aveva lasciato i sismografi. Quando il veicolo
di lancio impattò sulla superficie, con una forza equivalente a 11 tonnellate di
dinamite, gli scienziati della NASA dissero che la Luna risuonò come un "gong"
continuando a vibrare per tre ore e venti minuti fino alla profondità di 40 km.
Ken Johnston lavorava per la NASA durante le missioni Apollo, in veste di
supervisore del dipartimento per il controllo delle di dati e fotografie. Raccontò che la
Luna non solo aveva risuonato come una campana, ma che "aveva 'barcollato' in modo
talmente preciso che fu quasi come se avesse giganteschi puntoni ammortizzanti
idraulici al suo interno". Il ché spiegherebbe come mai, ogni volta che si fa più vicina
alla Terra, la Luna vibra sempre nello stesso identico modo. Ogni volta la Luna
produce gli stessi identici effetti sismici vibrazionali. Come può essere, dal momento
che si tratta di un fenomeno aleatorio e quindi mutabile nel tempo? Walter Sullivan,
del New York Times, ha detto che "è come se gli up and down del mercato azionario si
ripetessero nello stesso identico modo in ogni periodo di fluttuazione". Nel 1972 la
Luna venne colpita da un meteorite della potenza di 200 tonnellate di dinamite. Questo
provocò enormi onde d’urto nelle profondità interne, ma nessuna tornò indietro.
Esiste un numero infinito di indicazioni secondo cui la Luna sarebbe cava al suo
interno, ed è risaputo che il suo nucleo sia assai meno denso rispetto agli strati esterni.
Taluni scienziati sostengono che potrebbe addirittura non avere un nucleo. Il dottor
Gordon MacDonald, scienziato della NASA, nei primi anni ’60 disse: "Sembrerebbe
che la Luna sia una sfera più cava che omogenea". Il dottor Sean C. Solomon del
Massachusset Institute of Technology (MIT) disse che "gli esperimenti del Lunar
Orbiter [programma costituito dal lancio di 5 satelliti lunari statunitensi tra il 1966 e il
1967] avevano ampiamente permesso di approfondire la conoscenza del campo
gravitazionale della Luna, oltre a indicare la spaventosa possibilità che la Luna possa
essere cava". La Luna possiede soltanto il 60% della densità della Terra, e ciò significa
che, o la Luna non possiede un nucleo di ferro, oppure la stessa è parzialmente cava.
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Sempre negli anni ’60 si registrarono misteriosi lampi luminosi sul suolo lunare,
forse dovuti ad esplosioni o ad impatti di meteoriti. La Nasa decise di verificare la
natura di quei segnali e fu per questo motivo che organizzò delle missioni lunari con
esseri umani a bordo. Ciò che mi è stato riferito corrisponde in gran parte a quanto già
affermato dall’ex tecnico della Nasa Richard Hoagland: sulla Luna si scoprirono i resti
di una misteriosa antichissima civiltà, e da lì furono presi dei reperti che consentirono
lo sviluppo tecnologico della Terra negli anni ’80, ’90 e 2000.
Le anomalie lunari sono talmente tante e varie che Irwin Shapiro del Centro di
Astrofisica Harvard-Smithsonian ha detto: "La migliore spiegazione della Luna è un
errore di osservazione - la Luna non esiste". Scrivono Christopher Knight e Alan
Butler in Who Built the Moon?
La Luna è più grande di quanto dovrebbe essere, apparentemente più
vecchia di quanto dovrebbe essere e la sua massa è molto più leggere di
quanto dovrebbe essere. Occupa un’orbita improbabile ed è così singolare
che tutte le spiegazioni concernenti la sua presenza sono irte di
contraddizioni e nessuna di esse potrebbe essere considerata neppur
lontanamente inconfutabile.
Isaac Asimov, professore russo di biochimica e noto autore di libri scientifici, disse
che la Luna fondamentalmente è un capriccio della natura, dato che la Terra è l’unico
pianeta del sistema solare intorno a cui, in proporzione, orbita un satellite così enorme.
La Luna è più grande di Plutone. Alcuni scienziati hanno persino definito Luna e Terra
un sistema binario, piuttosto che un pianeta e il suo satellite. Asimov affermò che
secondo tutte le leggi cosmiche la Luna non dovrebbe orbitare attorno alla Terra. E
aggiunse:
Non possiamo far altro che concludere che la Luna non dovrebbe
trovarsi dov’è. Il fatto che ci sia è uno di quei colpi di fortuna quasi troppo
notevoli da accettare. Pianeti piccoli come la Terra, con deboli campi
gravitazionali, potrebbero benissimo non avere satelliti. In generale,
dunque, quando un pianeta ha dei satelliti, questi sono molto più piccoli del
pianeta stesso. Quindi, anche se la Terra ha un satellite, ci sarebbe ogni
ragione di sospettare, perché nella migliore delle ipotesi si dovrebbe trattare
di un "mondo" di dimensioni ridotte, forse 30 miglia di diametro [poco
meno di 50 km]. Ma le cose non stanno così. Non solo la Terra ha un
satellite, ma si tratta di un satellite gigantesco, 2160 miglia di diametro
[3476 km]. E allora com’è che la Terra ne ha uno? Sorprendente.
La Luna presenta moltissime anomalie. Non ha alcun campo magnetico né atmosfera,
e tuttavia le rocce lunari sono magnetizzate. Presenta il fenomeno noto come mascons
(concentrazioni di massa), ampie zone circolari ad alta densità e dalla maggiore forza
di attrazione gravitazionale. Le mascons si trovano nelle vaste pianure lunari
conosciute con il nome di maria, che si ritengono esser state un tempo dei mari. Circa
un terzo della Luna visibile dalla Terra è composto da questi mari, mentre sul lato
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"oscuro" ce ne sono soltanto alcuni, e nessuno sa spiegare come mai i due lati siano
così diversi.
La superficie esterna della Luna è estremamente dura e contiene vari minerali, tra
cui il titanio. Le rocce minerali contengono minerali trattati, come l’ottone e la mica, e
inoltre l’uranio 236 e il nettunio 237, elementi mai trovati in natura sulla Terra.
L’uranio 236 è una scoria nucleare radioattiva a lunga vita e si trova nel combustibile
nucleare esaurito e nell’uranio riprocessato. Il nettunio 237, un elemento metallico
radioattivo, è un sottoprodotto dei reattori nucleari e della produzione del plutonio.
Sono state trovate anche delle strane particelle di ferro che non arruginiscono.
Le rocce più antiche raccolte sulla Luna risalgono a un’epoca notevolmente
anteriore a qualunque roccia trovata sulla Terra. Si ritiene che alcune rocce lunari
abbiano 4,5 miliardi di anni, un miliardo di anni in più rispetto a quelle rinvenute sul
nostro pianeta. Sky and Telescope, rivista astronomica di Harvardha riportato che
durante la Conferenza Lunare del 1973 si parlò addirittura di una roccia lunare antica
di 5,3 miliardi di anni. Ciò la renderebbe mezzo miliardo di anni più antica rispetto
alla presunta età della Terra. Queste rocce hanno inoltre una composizione differente
da quella della polvere lunare in cui sono state rinvenute, e la polvere apparentemente
avrebbe un miliardo di anni in più delle rocce. Earl Ubell, ex commentatore scientifico
della CBS, chiese:
Se la Terra e la Luna sono state create nello stesso momento, una
accanto all’altra, come mai una ha tutto il ferro e l’altra non molto? Le
differenze suggeriscono che la Terra e la Luna siano nate lontane l’una
dall’altra, un concetto che si scontra con l’incapacità degli astrofisici di
spiegare esattamente come la Luna sia diventata un satellite della Terra.
La Luna è 400 volte più piccola del Sole ma rispetto a noi è 400 volte più vicina; in tal
modo può sovrapporsi esattamente al disco solare e può coprirne la luce durante le
eclissi. Già questo fa pensare, ma non è tutto. La Luna ruota attorno alla terra in un
periodo di 27 giorni, e con la stessa velocità ruota attorno a sé stessa, così da mostrarci
sempre lo stesso lato e occultarci ben metà della propria superficie.
Tra tutte le storie che ho sentito sulla Luna, ce n’è una che le batte tutte, ma
ciononostante non manca di fondatezza. La Luna sarebbe stata scavata per mezzo di
macchine che avrebbero fuso le rocce per formare delle cavità interne, mentre la lava
sarebbe stata riversata sulla superficie. Il dottor D.L. Anderson, professore di geofisica
e direttore del laboratorio sismologico del MIT, involontariamente viene incontro a
questa tesi. Nei suoi lavori ha infatti sostenuto che "la Luna è fatta alla rovescia", e che
la sua composizione interna e quella esterna dovrebbero essere ribaltate. Il lavoro di
"svuotamento" sarebbe avvenuto in un altrove lontano, per trasformare un planetoide
in una nave spaziale al cui interno ospitare carburante, apparecchiature per lavori di
riparazione, strumenti di riparazione, dispositivi per l’osservazione e ogni genere di
macchinari. Anche questo può sembrare assurdo, ma spiegherebbe perchè le rocce
lunari siano più vecchie di quelle terrestri, e vecchie almeno quanto lo stesso Sistema
Solare.
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Secondo le mie fonti, la Luna possiederebbe una corazza a doppio strato. Lo strato
più interno sarebbe spesso all’incirca 30 chilometri, rivestito dallo strato più esterno,
più flessibile e sottile, circa 4 chilometri. In alcune aree, dove si trovano i mari lunari e
i crateri, lo strato superiore sarebbe piuttosto sottile se non addirittura inesistente.
I crateri lunari hanno tutti la medesima profondità, indipendentemente dalla loro
ampiezza, e in generale sono meno profondi di quanto ci si aspetterebbe. Sembra che
lo strato esterno si comporti da paraurti, frenando il corpo estraneo prima che entri in
contatto con l’impenetrabile corazza di 30 chilometri, la quale viene soltanto
leggermente intaccata. La profondità massima dei crateri è di 4 chilometri,
corrispondente quindi all’ampiezza dello strato esterno.
Le rocce della superficie lunare contengono titanio, cromo e zirconio, tutti metalli
meccanimente resistenti, dalle proprietà refrattarie e anticorrosive. Gli scienziati
dell’Accademia Sovietica delle Scienze affermarono che la combinazione scoperta
sulla superficie della Luna avrebbe presentato un’invidiabile resistenza al calore e la
capacità di sopportare agenti aggressivi. Alcune rocce lunari contengono dieci volte
più titanio delle rocce terrestri ricche di questo metallo. Il dottor Harold Urey,
vincitore del premio Nobel per la chimica, disse di essere "rimasto terribilmente
confuso dalle rocce lunari, e in particolare del loro contenuto di titanio". Il dottor S.
Ross Taylor, geochimico responsabile di analisi chimiche lunari, disse che le pianure
delle Luna (le maria), estese quanto l’Ucraina, dovevano esser state ricoperte con
roccia fusa contenente titanio fluido. Disse che non ci si aspetterebbe di trovare del
titanio così bollente da produrre un effetto del genere, persino sulla Terra, ma che
nessuno ha mai suggerito che la Luna fosse più bollente della Terra.
La Luna presenta poi un grosso rigonfiamento sul lato oscuro, il quale si sarebbe
già spezzato se non fosse per l’estrema resistenza dello "scafo". In aree del nostro
satellite vaste circa 260 km2 sono state rilevate inspiegabili eruzioni di vapore acqueo
che fuoriescono da sotto la superficie e condensano in nubi. Così riferisce Farouk El-
Baz, che ha collaborato con la NASA all’esplorazione scientifica della Luna: "Se il
vapore acqueo proviene dall’interno della Luna, la faccenda è seria. Significa che c’è
una drastica distinzione tra le differenti fasi dell’interno lunare - cioè che l’interno è
molto diverso da quanto abbiamo visto in superficie".
Linee Temporali
La mia vita ha inesplicabilmente qualcosa di magico, al di là delle supposte
persecuzioni diaboliche. Alcune situazioni possono essere casuali, come quando pensi
a una persona che non vedi da tempo e poco dopo la incontri; oppure quella volta in
macchina con Piero che ci perdemmo in un labirinto di stradine nei boschi toscani; lui
disse "mi sembra di essere nel Wyoming" Io risposi "Tra un po’ ci tireranno le frecce",
e dopo la svolta a sinistra ecco apparire un cartello con la scritta "ATTENZIONE:
Esercitazioni di tiro con l’arco". Ho spesso dei déjà vu, scene che ho sognato o
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immaginato con dovizia di particolari e che improvvisamente mi trovo a vivere senza
alcuna variazione. Mi chiedo se abbia ragione Trinity, quando in MatriX spiega così a
Neo, "Il déjà vu è un errore di Matrix. Succede quando loro cambiano qualcosa". La
meccanica quantistica dovrebbe bastare a scardinare qualsiasi concezione di realtà che
vada oltre l’esistenza di segnali, di interazioni tra essenze diverse che portano alla
percezione del mondo e dei suoi individui, compresa l’autopercezione. Può darsi che
alcuni segnali siano stati organizzati da qualcuno all’alba dei tempi, ed ecco che
viviamo in MatriX, seppur in un contesto più esteso che non necessità dell’elettronica.
Il déjà vu indica davvero che qualcosa è cambiato? E cambiato in che senso? Nel film
veniva cambiata la conformazione di un edificio, le sue entrate ed uscite; nella realtà’
probabilmente è il tempo che viene cambiato, un singolo evento modificato che può
innescare cambiamenti a catena sulla base di un effetto farfalla. Guardate The Butterfly
Effect di Eric Bress e J. Mackye Gruber per farvi un’idea di cosa intendo.
La prima volta ho incontrato il Druido sulle montagne della Val di Susa, nei
dintorni di Chiusa San Michele. Mi ha solo fatto da guida nei boschi, mentre cercavo
un vecchio sito dei Cozzi, gente di matrice celtica che 1000 anni prima di Cristo era
scesa dalla Svizzera in Piemonte. Trovai un recinto sacro con la caratteristica
tegolatura a scaglie, più comune nei lidi scozzesi. Era un’area di 400 m2 delimitata da
un muro massiccio che emergeva per un paio di metri. Al suo interno si riconosceva
una vasca di 3 metri per 2, insieme ad altre zone regolari delimitate da muretti più
bassi. Lastre di pietra sedimentaria erano piantate in verticale e costeggiavano il
sentiero che portava alla necropoli, trapunta di tumuli inviolati del raggio medio di 3
metri. In quel luogo si riunivano i sacerdoti dei Cozzi per celebrare le feste solenni, e
la vasca serviva forse per i bagni rituali.
Mi mostrò le spirali e le croci a braccia uguali, scavate a decine sugli affioramenti
naturali e sulle pareti di uno stretto camminamento. In giro si trovavano pietre
discoidali con un foro nel centro, probabilmente antiche macine. Alcune di queste
erano solo abozzate nella roccia e mancava il 'taglio' da sotto per staccarle. Un’altra
pietra a testa piatta mostrava l’incisione del quadrato magico, una meridiana composta
da tre quadrati concentrici, connessi agli angoli da quattro diagonali, con un foro nel
centro per inserire lo gnomone. Al di là della Valle si innalzava il Musiné, un monte
che in tempi recenti è divenuto famoso per gli innumerevoli avvistamenti di UFO.
Mah… penso che l’uomo dovrebbe prima guardare bene quel che calpesta, e solo dopo
alzare gli occhi verso il cielo. Sotto i suoi piedi potrebbe trovare una lastra di marmo
levigato, una stella a sette punte con inscritto lo stesso messaggio in geroglifici egizi,
cuneiforme, ebraico, greco antico, latino e sanscrito.
In tutta la Val di Susa, tradizioni vecchie 3.000 anni si portano avanti inalterate di
generazione in generazione, dalla raccolta di erbe medicamentose alla celebrazione di
memorie mai sopite. Quando gli adepti iniziano a scarseggiare, nuovi giovani vengono
coinvolti in una sorta di catechismo pagano, e solo i più capaci, convinti e determinati
vengono scelti per proseguire l’incarico.
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La scuola celtica era stata integrata nel contesto cristiano, così che i druidi erano
adesso Cavalieri del Sacro Ordine Naturale. C’era un vescovo solo per la Val di Susa
(non so se oggi la situazione sia cambiata) scelto appositamente per gestire un inusuale
contesto. Non è strano incotrare preti di lassù che parlino con naturalezza di "spiriti
degli alberi". Anche il mio amico credeva negli elfi, e diceva di vederli nei boschi,
subendo talvolta i loro scherzi, perché, a suoi dire, nascondevano e spostavano oggetti.
L’Ordine Naturale era stato arruolato nel Vaticano per le doti dei suoi linguisti, e
si occupava per gran parte del suo tempo della traduzione di manoscritti e tavolette
mai diffuse, classificate in tre livelli di segretezza. Il mio amico apparteneva al
secondo livello, e gli era quindi preclusa la lettura dei manoscritti più spinosi.
Esistono numerosi altri ordini cavallereschi in Val di Susa, per lo più pienamente
cattolici, ma fedeli comunque alla tradizione cavalleresca medioevale. Essi sforano in
Francia nel Priorato di Carluc. Conservano la tomba di Costantino il Grande, con un
bel Drago impresso sul coperchio di pietra. Ci hanno fatto sopra una strada e adesso
giace nell’anonimato. Sono convinto che esista un passaggio per arrivare alla tomba…
faccio fatica a pensare che l’abbiano isolata, preservata per chissà quale epoca futura.
I Cavalieri hanno i propri cimiteri. Quando uno di loro lascia la Terra, il suo corpo
viene seppellito col rituale cattolico in un cimitero qualunque, per non dare nell’occhio
e non svelare la sua appartenenza all’ordine. Poi, dopo qualche settimana, i confratelli
aprono la tomba e sequestrano il cadavere per trasferirlo nel proprio cimitero privato.
La tomba ufficiale viene richiusa ordinatamente e nessuno sospetterà mai di trovarsi di
fronte ad un sepolto vuoto. Solitamente le famiglie sono al corrente di quanto accade.
Capita talvolta che qualcosa vada storto: per esempio può scivolare la lapide e
spezzarsi. Allora il furto viene scoperto e si dà la colpa a qualche furfante che vorrebbe
ricattare la famiglia. Il furfante però non si fa sentire, e nessun riscatto viene richiesto.
Passano altre settimane e infine il corpo viene ritrovato, ma in realtà è stato sostituito
con un altro, e tutti sono contenti. Ciò che sto per dirvi non lo affermo con certezza ma
soltanto per sentito dire; quindi mi scuso anticipatamente con le famiglie nel qual caso
si rivelasse fasullo. Mi è stato detto che una simile sorte è toccata a Mike Bongiorno e
prima di lui ad Jimmy Cuccia. La pagina Wiki di quest’ultimo riporta sul fondo la
seguente notizia "Nel marzo 2001 la sua bara presso il cimitero di Meina venne
trafugata a fini di riscatto da due improvvisati delinquenti, Giampaolo Pesce e Franco
Bruno Rapelli detto Crodino, e nascosta in un fienile della Valle di Susa".
La mia guida abitava una catapecchia sul fondovalle, forse un vecchio capanno
degli attrezzi. Era un buco di quattro metri per quattro in cui ci aveva fatto entrare un
letto, una scrivania e una branda per gli ospiti. Era pieno di spifferi, specie d’inverno, e
i servizi igenici erano niente più di una fossa coperta da travi di legno con una fessura
per 'scaricare'. La privacy era garantita da un separé di girasoli e granturco essiccati.
Con lui vivevano due cani di media taglia a pelo corto. 'Razza basloc' direbbe
Mark, contrazione di 'bastardo-locale'. Già era freddo e non riuscivo ad
addormentarmi; ci mancavano proprio i due cani che per tutta la notte andavano avanti
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e indietro e venivano a leccarmi la faccia. Sia chiaro, io amo i cani, ma almeno la notte
desidero la pace.
Il giorno successivo visitammo una piccola Stonehenge praticamente sconosciuta,
per poi discendere al paese e riposare le chiappe sui gradini di un piccolo anfiteatro
romano, dove qualche gladiatore di provincia ci aveva lasciato le penne duemila anni
orsono.
Il druido aveva lavorato con padre Amorth; la mia opinione in merito è che la
possessione, ammesso che esista, non si possa definire 'diabolica'. Parlerei in maniera
generica di 'entità', esseri pensanti 'non materiali', i quali potrebbero manifestarsi nelle
forme che il popolo si aspetta, ma che sotto sotto non si potrebbero incasellare in
nessun schema dogmatico noto.
C’era un vecchio palazzo a Vienna, abitato fino agli anni ’50, finché un mattino
venne a mancare l’usuale concitazione di giardinieri, autisti e nobildonne che si
preparavano ad esibire in centro i propri ombrellini di pizzo e carta di riso. Gli ospiti
della casa erano ancora sui propri letti, sdraiati supini ma senza volti che guardassero il
soffitto. La faccia era stata loro strappata, né occhi né labbra né pelle sulle guance. Per
quarant’anni l’edificio restò disabitato, in vendita, finché i prezzi crollarono a tal punto
da trasformarlo in un’esca letale. Nuovi inquilini entrarono negli anni ’90, ma la stessa
sorte li raggiunse in pochi mesi. Fu la polizia a chiamare Amorth, che si presentò a
Vienna con una squadra di cinque esorcisti, tra cui la mia guida. Stando al racconto,
sembra che già nel soggiorno i nostri amici abbiano gettato la spugna, disarmati da una
presenza "troppo forte". La giornata si risolse al bar, con una birra consolatoria
consumata al bancone da clienti che non ti aspetti. Mi chiedo se i giornali abbiano
accennato alla vicenda.
La sola presenza di quell’uomo bastava ad inquietarmi. Non so dire il perché; non
certo la sua vita frugale ed i suoi hobby aticipi. C’era in lui una nota stonata, qualcosa
fuori posto. Non ho mai sbagliato in vita mia nel riconoscere i buoni e i cattivi, e lui
non lo avrei buttato a cuor leggero nella stanza dei buoni. Era solo una sensazione, non
suffragata da azioni concrete. Da quando lo avevo conosciuto, lui aveva risposto alle
mie domande, saziato la mia curiosità ed era venuto incontro ad ogni mia richiesta.
Forse è solo la mia paura a giudicarlo, la paura di ricadere in un mondo fatto di ansia e
superstizione. O forse ho un buon istinto e nemmeno allora mi sono sbagliato.
Lui mi parlò dei tredici:
Un "Consiglio dei dodici" (o dei tredici, detto anche "il tredicesimo")
esiste tutt’oggi e costituisce la più potente organizzazione esistente a livello
mondiale. Si colloca al di sopra delle Stirpi, del Vaticano e di qualunque
governo o istituzione bancaria. I suoi membri sono sparsi in diversi luoghi
della Terra e provengono da tradizioni culturali e religiose molto diverse fra
loro. Non sono persone conosciute e molti di loro hanno una vita pubblica
insignificante. Non corrispondono assolutamente ai nominativi che si
trovano su internet cercando informazioni su questo Consiglio. C’è un capo,
che rappresenta simbolicamente il "nulla", mentre gli altri membri
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rappresentano i dodici elementi della tradizione celtica. In senso assoluto
non sono negativi, non impediscono il male ma si impegnano per evitarne
gli eccessi non previsti. La loro funzione primaria è contrastare tutto ciò che
si sposta dall’equilibrio. Un esempio è stato il nazismo. Lo hanno favorito
all’inizio ma poi hanno cambiato atteggiamento di fronte a un’accelerazione
troppo violenta di scoperte scientifiche, archeologiche, ecc. [Pensate a
quanto detto sul caso Scoto] Per alcune di queste non era prevista la
divulgazione in quell’epoca e i tredici hanno reagito sponsorizzando la fine
del movimento. Allo stesso modo avevano sterminato la famiglia dello zar
Nicola II, perché i suoi membri avevano fatto trapelare troppe informazioni
riservate. In quel caso avevano risparmiato una delle figlie, probabilmente
Anastasia, per preservare l’importante linea di sangue.
Ci sarebbero tredici uomini, fatti di carne e sangue, che si divertono a imitare gli déi e
a giocare con le proprie creature. Il loro incarico dura 70 anni; nessuno sa che cosa
accada ai più longevi tra loro che sopravvivono oltre l’incarico. Vent’anni fa si erano
dati appuntamento alla Sagra di San Michele, il monastero benedettino abbarbicato sul
monte Pirchiriano. La costruzione era iniziata sotto il pontificato di papa Silvestro II
(999 - 1003), il papa che viene nominato nella lista dell’Occhio che Tutto Vede fornita
da Paolo Rumor ne L’Altra Europa (Hobby & Work). I tredici erano arrivati nei
furgoni blindati, ma nessuno li aveva visti né salire né scendere, nessuno li aveva visti
in faccia. Il traffico era stato bloccato, le forze dell’ordine allertate, ma nemmeno a
loro era concesso di vedere gli ospiti.
Si dice che Silvestro abbia mandato i propri uomini nel deserto di Amman per
recuperare un’archivio di tavolette. Altre si sarebbero aggiunte col lavoro dei fratelli
Dixon a Giza nel 1872, durante il pontificato di papa Pio IX. Ne ho vista una in
esposizione al museo dell’abbazia di Novalesa; il disegno stilizzato di un’altra
tavoletta è apparso in un articolo di FeniX 38 del Dicembre 2011. Il disegno faceva
parte del materiale fornito da Rumor alla Hobby & Work, ma poi non pubblicato per
esigenze tipografiche. I segni sono una sorta di rune deformate, la cui decifrazione è
vincolata alla conoscienza di una chiave. La lettura deve inoltre avvenire
sequenzialmente. Più tavolette vengono accostate e la stessa riga procede saltando da
una tavoletta all’altra. Giunti al termine della riga, non si procede con la successiva,
ma si ruotano le tavolette e si legge in senso inverso, da destra a sinistra, per poi
riprendere nel verso originario una volta arrivati in fondo.
Non ero felice in quei giorni; l’avevo cercato non tanto per un’indagine
archeologica, quanto piuttosto per capire la causa dei miei problemi e ottenere da lui
un aiuto concreto. Qualche minuto prima era squillato il cellulare: "Sì, fatto. Non era
nulla di grave, non preoccuparti, solo un problema di linee temporali ma adesso è tutto
apposto". Una volta seduti, calmi e raffreddati, gli chiesi cosa intendesse con 'linee
temporali'.
Disse che esiste un luogo della mente dove l’intera vita delle persone può essere
vista e analizzata. Per farlo bisogna conoscere la persona che si cerca e si deve
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sprofondare in un livello estremo di meditazione che solo in pochi sono in grado di
raggiungere. Il problema è che attraverso quel mondo si può apparire nel passato di
quella persona e influenzarne le azioni, le quali a loro volta influeranno le azioni di
altre persone e così via. Ecco forse i Deja vù. Una simile capacità in mano a persone
malvagie permetterebbe di manipolare gli aventi a proprio vantaggio, provocando una
catena di eventi non-previsti che porterebbero con sé cose belle e cose brutte.
Per questo esistono i sorveglianti, come gli Oblati dell’Ordine Naturale, capaci di
immergersi in questo mondo, individuare eventuali modifiche e ripristinare la
situazione naturale. Non ci credevo, ma volevo crederci, trovare il punto della storia in
cui la mia mente aveva cominciato a sballare e fare in modo di evitarlo. Forse… Se
avessi iniziato ad uscire la sera come tutti gli altri, a 14 anni, se avessi avuto una
ragazza, forse, avrei evitato di cadere nel vortice… ed esisteva un momento preciso in
cui cambiare tutto questo. Bastava allungare una mano nello zaino e dare a Sandy
quella lettera. "Non ti ricorderai di nulla, lo sai? Davvero sei disposto a dimenticare
tutto per ottenere una vita qualsiasi?" Sembrava il discorso tra Cypher e l’agente Smith
in MatriX, quando Cypher chiedeva di tornare in MatriX per godere dell’oblio e
smettere di preoccuparsi. "Sì, ne sono sicuro. É vero, so molte cose, ho visto cose che
gli altri uomini nemmeno sognano, ho viaggiato e combattuto. Ho ottenuto la gloria,
ma è solo un surrogato dell’amore. Tutto questo non vale una sola notte tra le coperte
di un’amante".
"E sia. Darò un’occhiata e ti riferirò. Ma sappi, noi Oblati abbiamo fatto un voto:
non toccheremo la tua linea temporale se la nostra azione provocasse disgrazie in altre
vite." Alzai lo sguardo e gli risposi: "É un voto giusto."
Rivelazioni
Fuggii da lui quella notte; la sua vicinanza mi metteva in agitazione. Potei soltanto
salire in macchina a mezzanotte e percorrere tutti d’un fiato i cinquecento chilometri
che mi separavano da casa. Da allora gli ho scritto soltanto per questioni di ricerca;
non me la sono sentita di tornare sull’argomento. Era tempo di farsi scivolare di dosso
preoccupazioni e paure, spremendo le meningi per portare a galla le informazioni rare’
che avevo ascoltato dalla sua bocca.
Gli avevo chiesto se sapesse qualcosa dei "ME" di cui aveva scritto Maurizio
Martinelli. Aveva risposto che "ME" è l’abbreviazione di "Monolitic Emerald", il
monolite che sarebbe stato rotto per fabbricare le "Tavolette di Smeraldo" sulle quali
lavora oggi il "Consiglio dei 13". Non aveva saputo dire dove fossero nascoste, benché
conoscesse la loro dimensione (circa 1 metro × 1 metro). Ancora documenti sotto
chiave del cui contenuto non avrei saputo un beneamato cazzo.
Aveva confermato che la Piramide di Cheope contiene lo Zed, l’antica torre di cui
parlava Mario Pincherle e che è descritta nel Libro di Enoch. Come Pincherle
sosteneva che un tempo si trovava allo scoperto, sulla sommità della Piramide di Zoser
a Saqqara, e prima ancora in altri luoghi. Questo per adattarsi agli spostamenti della
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crosta terrestre e dei campi di forza del nostro pianeta. Lo Zed c’entrerebbe con il
"palo spezzato" di cui ha parlato Rumor ne L’Altra Europa.
Poi aveva parlato della seconda piramide, quella di Chefren, e lo aveva fatto
riagganciandosi alle parole dello storico arabo Abd Al-Latif:
Nella piramide ad occidente (Chefren), furono realizzate 30 camere di
granito colorato. Queste furono riempite con ricchi tesori. Accessori e statue
ricavati da pietre preziose. Ospita manufatti di un ferro eccezionale, ad
esempio le armi, che non arrugginiscono. Vetro, che può essere piegato
senza rompersi. Strani talismani e veleno mortale6.
Il druido mi spiegò che in una di queste camere era custodito un Cubo di pietra nera di
circa 2 metri per lato. Disse di non sapere perché si trovasse lì e nemmeno che
funzioni avesse. Tuttavia l’aveva visto coi propri occhi grazie all’aiuto di una guida
italiana molto esperta di sua conoscenza. Per quanto riguarda la terza piramide, quella
di Micerino, non sapeva dire se anche in essa fosse celato qualcosa.
Parlando di piramidi, in generale, comprendendo quelle del Centro-America,
sembrava sicuro che al di sotto di ognuna esistesse una piramide speculare, le cui
dimensioni potevano essere molto diverse dalla prima. C’era un significato allegorico
sottinteso in questo schema, e lo stesso significato era stato trasposto dal massone
presidente francese François Mitterrand nella piramide di vetro all’ingresso del
Louvre, sotto la quale non a caso ne era stata realizzata un’altra speculare, anche se
molto più piccola.
Continuò con un balzo nei recessi dell’Amazzonia, dove si troverebbero ancora
alcune antiche "città perdute" tuttora abitate. Alcune sarebbero sotterranee, mentre
altre si troverebbero in superficie ma schermate alla vista da campi magnetici. La
solita, forse fondata, idea di una cultura dell’età dell’oro, sopravvissuta intatta mentre
il resto del mondo veniva abbattuto dal Diluvio e si trovava costretto a ricominciare
daccapo. Ma i discorsi del druido non si limitarono alla Terra.
Secondo lui molte razze "esterne" avrebbero interagito in passato e starebbero
interagendo tuttora con la nostra realtà terrestre. Queste razze si sarebbero divertite a
costruire lo schiavo perfetto manipolando geneticamente la vita del pianeta Terra.
Questa operazione sarebbe tutt’ora in atto e gli esperimenti mal riusciti starebbero
nascosti nei cottolenghi. In quello di Torino farebbe esempio l’uomo "ameba", nato
senza scheletro. Potrebbero essere attinenti i riferimenti di presunti visitatori a uomini
con la testa di toro o di cavallo, oppure con zoccoli al posto delle mani. L’ovvia
domanda riguarda i militari che pattugliano notte e giorno le vie d’accesso ai locali del
terzo piano.
Mi aveva confermato che la Luna è un satellite artificiale ed è cava al proprio
interno. Una parte importante del controllo e condizionamento a cui siamo sottoposti
proverrebbe da lì. Il controllo proverrebbe inoltre da luoghi sottostanti la superficie
terrestre. La vicinanza di "scopo" tra Agharta e la Luna chiude il cerchio delle mie
6 Abd al-Latif, 1.220 d.C.
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scoperte, e spiega forse il perché fosse presente Armstrong in quella gita nel
sottosuolo.
Aveva chiuso con la Sfinge di Giza, che secondo lui era stata creata con la testa di
cane. Una cosa del genere l’avevo già sentita da un ragazzo molto in gamba ma poco
affabile: Piero Magaletti. Magaletti faceva notare che il nome egizio della Sfinge era
Armachis, letteralmente "Horus sorge all’orizzonte". Come questo si leghi all’aspetto
canino può esser compreso facilmente dalla lettura del mito egizio.
Nella necropoli funeraria di Saqqara fa bella mostra la piramide di Unas (2375-
2345 a.C.), il nono e ultimo sovrano della V dinastia. Sulle pareti e sul soffitto della
camera mortuaria sono impressi i cosiddetti Testi delle Piramidi, un insieme di 800
formule magiche che guidavano e proteggevano l’anima del faraone nel cammino
verso l’aldilà. Il viaggio del defunto viene messo in parallelo con il percorso del sole
nelle 12 ore notturne, fino alla rinascita del mattino seguente che corrisponde alla
resurrezione del sovrano. Al suo fianco c’è il fido compagno Anubi, il dio dalla testa
di cane.
La riga 70 presenta Anubi come "Il guardiano dell’Occhio di Horus". C’è quindi
un legame tra Horus, Anubi e la Sfinge. Il simbolo di Horus è un Occhio, eppure i
Testi delle Piramidi ripetono più volte che Horus è una stella. In realtà in egiziano
antico la stessa parola (sr) indica sia Occhio che Stella, e dalla stessa radice viene il
nome Sirio assegnato alla stella più brillante del firmamento. Secondo il mito, Horus
aveva fatto dono a suo padre Osiride del suo stesso occhio che avevo perduto nella
battaglia contro Seth. Osiride era morto da tempo e stava in cielo presso Orione, così
che l’occhio di Horus divenne una stella nella stessa zona del cielo, Sirio appunto. In
effetti la stella Sirio rappresenta l’occhio nella costellazione del Cane Maggiore. La
riga PT 458 dei Testi delle Piramidi recita testualmente "la stella Sirio vive, io sono il
figlio di Iside [Horus]". La Sfinge potrebbe essere Anubi, il Cane, il "guardiano
dell’Occhio di Horus", di "Horus [che] sorge all’orizzonte"?
Notiamo che la Sfinge non presenta alcuna criniera, fatto che può essere comunque
spiegato ipotizzando che si tratti di un leone femmina, oppure che la criniera sia stata
rimossa quando la testa è stata riscolpita con fattezze umane. Più significativa è
senz’altro la coda, che nel leone (sia maschio che femmina) presenta un ciuffo
caratteristico che non si trova in alcuna specie canide. La coda della Sfinge è
puntiforme e pertanto è incompatibile con la coda di un leone.
Uno scrittore Arabo dell’XI secolo, Abd el-Latif, descrisse la Sfinge sepolta fino al
collo dalla sabbia e con il volto coperto di una tinta rossastra. Anche Plinio, nel I
secolo d.C., aveva scritto che "la faccia del mostro è dipinta di rosso". La più antica
rappresentazione di Anubi risale a una tavoletta della I dinastia dove il dio è
rappresentato con le sembianze di un cane dal pelo rossiccio. Solo a partire dal Nuovo
Regno (1530 a.C. circa) sarà raffigurato con il corpo di uomo e la testa di cane. Gli
antichi astronomi e Tolomeo in particolare ritenevano che Sirio fosse di colore rosso,
caratteristica oggi perduta per via di mutazioni interne che hanno 'colorato' l’astro di
una tinta bluastra.
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La Sfinge è un cane sulla Terra che attende la comparsa in cielo del suo
corrispondente celeste, il Cane Maggiore, e del suo prezioso occhio, Sirio. Il Cane
terrestre è Anubi, che secondo la riga 70 dei Testi delle Piramidi è il guardiano
dell’Occhio di Horus”. La Sfinge è Anubi: per 70 giorni attende la levata di Sirio-
Horus ad Oriente, 70 giorni in cui la stella non è visibile perchè nascosta al di sotto
dell’orizzonte.
Anche i Greci, seppur fuori casa, suggeriscono velatamente di pensare la Sfinge
come un cane. Esiodo in alcuni passi della Teogonia ci trasporta nella terra di Tifone”
e qui vi pone la terribile Sfinge che distrusse i Cadmei” e il Phikion (la montagna della
Sfinge). Il Tifone dei greci era il Seth degli Egizi, il dio che aveva conteso a Zeus
(Osiride) il potere sul creato. In Egitto Seth è rappresentato anch’egli come un canide
o con la testa di canide. Anzi, è probabile che Seth e Anubi costituissero inizialmente
un’unica divinità. Apollodoro scrisse che quando il piccolo Tifone crebbe fino a
raggiungere proporzioni gigantesche, gli déi corsero in Egitto per vedere questo
mostro impressionante. Insomma, sembra proprio che per i Greci la Sfinge fosse stata
una statua di Tifone. Bisogno però dire che essi lasciavano il campo piuttosto aperto,
riferendo che Tifone parlava con voci diverse: quella di un uomo, quella di un toro,
quella di un leone o quella di un cucciolo. Ma queste figure sono probabilmente le
quattro costellazioni in cui sorgeva il sole durante i solstizi e gli equinozi nell’epoca di
costruzione delle Sfinge (l’uomo-acquario, il toro, il leone e il cucciolo-scorpione).
Non so se ci siano altre Sfingi paragonabili a quella di Giza. C’è un papiro che ne
riporta la presenza lontano dal Nilo nelle profondità del Deserto Libico. Sono le
"Sfingi Schiave". Nel 1952 una carovana di mercanti guidata da Omar el Hawari si
stava muovendo tra le dune del deserto libico meridionale quando fu sorpresa da una
tempesta di sabbia e dovette rifugiarsi alle spalle delle vicine colline. Dalla sabbia
sollevata dal vento gli arabi videro emergere una testa di pietra: senza saperlo si
trovavano ai piedi di una Sfinge alta 20 metri e lunga 80. Hawari avvertì gli egittologi
e il professor Taminarouk si recò sul posto con una squadra di operai. Con l’aiuto di
una scala raggiunse un’apertura posta a 15 metri di altezza e penetrò all’interno del
monumento. Un quadro raccapricciante si presentò ai suoi occhi: dal soffitto di una
grande sala pendevano cinghie di cuoio conservatesi per millenni, alle quali erano
ancora appesi per i piedi scheletri umani. In seguito furono scoperte altre cinque Sfingi
del genere nei paraggi. Ne parlò Otto Neubert nel suo libro La Vallées des Rois
(Robert Laffont 1976), ma poi non se ne disse più nulla.
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