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Luigi Barzini La metà del mondo vista da un’automobile www.liberliber.it Luigi Barzini La metà del mondo vista da un’automobile www.liberliber.it

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  • Luigi BarziniLa metà del mondo

    vista da un’automobile

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    Luigi BarziniLa metà del mondo

    vista da un’automobile

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    TITOLO: La metà del mondo vista da un’automobileAUTORE: Barzini, LuigiTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

    DIRITTI D'AUTORE: no

    LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

    COPERTINA: n. d.

    TRATTO DA: La meta del mondo vista da un' automobile: da Pechino a Parigi in sessanta giorni / LuigiBarzini. - Milano : Ulrico Hoepli editore-libraiodella real casa, 1908. - 523 p., ill. ; 24 cm. - con126 illustrazioni originali, 13 tavole, una cartaitineraria ed introduzione del principe ScipioneBorghese.

    CODICE ISBN FONTE: n. d.

    2

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    TITOLO: La metà del mondo vista da un’automobileAUTORE: Barzini, LuigiTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

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    TRATTO DA: La meta del mondo vista da un' automobile: da Pechino a Parigi in sessanta giorni / LuigiBarzini. - Milano : Ulrico Hoepli editore-libraiodella real casa, 1908. - 523 p., ill. ; 24 cm. - con126 illustrazioni originali, 13 tavole, una cartaitineraria ed introduzione del principe ScipioneBorghese.

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  • 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 22 maggio 2018

    INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

    SOGGETTO:TRV010000 VIAGGI / Racconti e Documentari di Viaggio

    DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

    REVISIONE:Paolo Oliva, [email protected]

    IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

    PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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    1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 22 maggio 2018

    INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

    SOGGETTO:TRV010000 VIAGGI / Racconti e Documentari di Viaggio

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  • Indice generale

    Liber Liber......................................................................4Presentazione dell'Editore...............................................9INTRODUZIONE........................................................12INDICE -SOMMARIO................................................34CAPITOLO I.DA PARIGI A PECHINO.............................................38CAPITOLO II.LA PARTENZA............................................................61CAPITOLO III.VERSO LA GRANDE MURAGLIA...........................88CAPITOLO IV.SULLE MONTAGNE................................................117CAPITOLO V.SULLA SOGLIA DELLA MONGOLIA...................155CAPITOLO VI.PER LE PRATERIE MONGOLE..............................180CAPITOLO VII.NEL DESERTO DI GOBI..........................................214CAPITOLO VIII.LA CITTA DEL DESERTO........................................241CAPITOLO IX.URGA.........................................................................273CAPITOLO X.SULLA VIA DI KIAKHTA........................................306CAPITOLO XI.

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    Indice generale

    Liber Liber......................................................................4Presentazione dell'Editore...............................................9INTRODUZIONE........................................................12INDICE -SOMMARIO................................................34CAPITOLO I.DA PARIGI A PECHINO.............................................38CAPITOLO II.LA PARTENZA............................................................61CAPITOLO III.VERSO LA GRANDE MURAGLIA...........................88CAPITOLO IV.SULLE MONTAGNE................................................117CAPITOLO V.SULLA SOGLIA DELLA MONGOLIA...................155CAPITOLO VI.PER LE PRATERIE MONGOLE..............................180CAPITOLO VII.NEL DESERTO DI GOBI..........................................214CAPITOLO VIII.LA CITTA DEL DESERTO........................................241CAPITOLO IX.URGA.........................................................................273CAPITOLO X.SULLA VIA DI KIAKHTA........................................306CAPITOLO XI.

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  • TRANSBAIKALIA....................................................336CAPITOLO XII.SULLE RIVE DEL BAIKAL.....................................368CAPITOLO XIII.UN PONTE CHE CROLLA.......................................400CAPITOLO XIV.NEL GOVERNATORATO D'IRKUTSK...................430CAPITOLO XV.NEL BACINO DEL JENISSEI..................................460CAPITOLO XVI.TOMSK LA DOTTA..................................................486CAPITOLO XVII.SULLA STEPPA........................................................518CAPITOLO XVIII.GLI URALI................................................................546CAPITOLO XIX.DAL KAMA AL VOLGA..........................................571CAPITOLO XX.DAL VOLGA ALLA MOSKWA...............................599CAPITOLO XXI.LASCIANDO LA RUSSIA........................................632CAPITOLO XXII.AVVICINANDO LA MÈTA......................................658CAPITOLO XXIII.PARIGI.......................................................................679APPENDICE..............................................................700

    LA FAMIGLIA BORGHESE.................................701L'AUTOMOBILE...................................................703

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    TRANSBAIKALIA....................................................336CAPITOLO XII.SULLE RIVE DEL BAIKAL.....................................368CAPITOLO XIII.UN PONTE CHE CROLLA.......................................400CAPITOLO XIV.NEL GOVERNATORATO D'IRKUTSK...................430CAPITOLO XV.NEL BACINO DEL JENISSEI..................................460CAPITOLO XVI.TOMSK LA DOTTA..................................................486CAPITOLO XVII.SULLA STEPPA........................................................518CAPITOLO XVIII.GLI URALI................................................................546CAPITOLO XIX.DAL KAMA AL VOLGA..........................................571CAPITOLO XX.DAL VOLGA ALLA MOSKWA...............................599CAPITOLO XXI.LASCIANDO LA RUSSIA........................................632CAPITOLO XXII.AVVICINANDO LA MÈTA......................................658CAPITOLO XXIII.PARIGI.......................................................................679APPENDICE..............................................................700

    LA FAMIGLIA BORGHESE.................................701L'AUTOMOBILE...................................................703

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  • LUIGI BARZINI

    LA METÀ DEL MONDOVISTA

    DA UN'AUTOMOBILEDA PECHINO A PARIGI

    IN SESSANTA GIORNI

    CON 126 ILLUSTRAZIONI ORIGINALI, 13 TAVOLE, UNA CARTA ITINERARIAED INTRODUZIONE DEL

    PRINCIPE SCIPIONE BORGHESE

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    LUIGI BARZINI

    LA METÀ DEL MONDOVISTA

    DA UN'AUTOMOBILEDA PECHINO A PARIGI

    IN SESSANTA GIORNI

    CON 126 ILLUSTRAZIONI ORIGINALI, 13 TAVOLE, UNA CARTA ITINERARIAED INTRODUZIONE DEL

    PRINCIPE SCIPIONE BORGHESE

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    A Pechino

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    A Pechino

  • Presentazione dell'Editore.

    Questo libro, che narra le vicende avventurose delviaggio automobilistico da Pechino a Parigi, compiutocon signorile audacia da S. E. il Principe Scipione Bor-ghese, celebra una bella vittoria della fibra e dell'indu-stria italiana. Ecco il motivo per cui l'editore va orgo-glioso di presentarlo al pubblico italiano. Il bravo Barzi-ni, che compì il tragitto di quasi sedicimila chilometri,accosciato tra i bagagli, narra gli episodi e le vicendedel viaggio con la bella sincerità dell'uomo d'azione, colbrioso garbo dello scrittore avvincente.

    L'editore, avvezzo da anni a sfogliar manoscritti, scal-trito per lunga abitudine in tutti gli artifici dell'arte, sin-ceramente confessa di aver letto il volume con crescenteentusiasmo, e fu per tale provata emozione che vollepersonalmente presentarlo al suo pubblico.

    Per questo e per aver modo altresì di ringraziare ilPrincipe Scipione Borghese che ha sì bene preludiato alvolume, nonchè gli egregi colleghi e amici F. A. Broc-khaus di Lipsia, Hachette e C.° di Parigi i quali, sponta-neamente, vollero tradotto e pubblicato il volume nelleloro lingue, e con essi gli editori colleghi E, Maucci diBarcellona, A. Oosthoek di Utrecht, Vilimek di Praga,Singer e Wolfner di Budapest, e Bonnier di Stoccolmache l'opera pubblicheranno negli idiomi dei loro singolipaesi. Il che dimostra che il libro escirà tradotto in undi-

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    Presentazione dell'Editore.

    Questo libro, che narra le vicende avventurose delviaggio automobilistico da Pechino a Parigi, compiutocon signorile audacia da S. E. il Principe Scipione Bor-ghese, celebra una bella vittoria della fibra e dell'indu-stria italiana. Ecco il motivo per cui l'editore va orgo-glioso di presentarlo al pubblico italiano. Il bravo Barzi-ni, che compì il tragitto di quasi sedicimila chilometri,accosciato tra i bagagli, narra gli episodi e le vicendedel viaggio con la bella sincerità dell'uomo d'azione, colbrioso garbo dello scrittore avvincente.

    L'editore, avvezzo da anni a sfogliar manoscritti, scal-trito per lunga abitudine in tutti gli artifici dell'arte, sin-ceramente confessa di aver letto il volume con crescenteentusiasmo, e fu per tale provata emozione che vollepersonalmente presentarlo al suo pubblico.

    Per questo e per aver modo altresì di ringraziare ilPrincipe Scipione Borghese che ha sì bene preludiato alvolume, nonchè gli egregi colleghi e amici F. A. Broc-khaus di Lipsia, Hachette e C.° di Parigi i quali, sponta-neamente, vollero tradotto e pubblicato il volume nelleloro lingue, e con essi gli editori colleghi E, Maucci diBarcellona, A. Oosthoek di Utrecht, Vilimek di Praga,Singer e Wolfner di Budapest, e Bonnier di Stoccolmache l'opera pubblicheranno negli idiomi dei loro singolipaesi. Il che dimostra che il libro escirà tradotto in undi-

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  • ci lingue diverse (l’edizione inglese dalla Casa GrantRichards di Londra), costituendo un vero «raid» edito-riale che fa degno riscontro a quello automobilistico.

    E siccome è la prima volta che ciò avviene perun'opera originale italiana, l'editore ha creduto non soloopportuno ma doveroso di informarne il cortese lettore.

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    ci lingue diverse (l’edizione inglese dalla Casa GrantRichards di Londra), costituendo un vero «raid» edito-riale che fa degno riscontro a quello automobilistico.

    E siccome è la prima volta che ciò avviene perun'opera originale italiana, l'editore ha creduto non soloopportuno ma doveroso di informarne il cortese lettore.

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  • INTRODUZIONE

    Isola del Garda – Settembre 1907.

    Caro Barzini,

    Dunque c’è chi dice che dopo tutto: – dopo le nostrefatiche di due mesi, dopo le roccie e i fiumi, le sabbie ele foreste, i fanghi e i banchetti a traverso ai quali sia-mo passati – c’è chi dice che il nostro viaggio una cosasola ha dimostrato, che cioè: non si può andare in auto-mobile da Pechino a Parigi.

    La proposizione ha qualche cosa di bizantino nel suosemplicismo; ma, diciamolo, è letteralmente precisa enoi abbiamo dimostrato appunto questo: che oggi, ser-vendosi del solo motore di un automobile, è impossibilerecarsi – continuamente e mollemente seduti sui cuscinidella medesima – da Pechino a Parigi. Non sarebbecioè finanziariamente prudente, oggi, in base alla no-stra esperienza, creare una linea regolare di automobilidestinata a condurre le piccole ed elegantissime canzo-nettiste chinesi, senza punto affaticare i loro minuscolipiedini, dalla capitale del Celeste Impero al Moulin

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    INTRODUZIONE

    Isola del Garda – Settembre 1907.

    Caro Barzini,

    Dunque c’è chi dice che dopo tutto: – dopo le nostrefatiche di due mesi, dopo le roccie e i fiumi, le sabbie ele foreste, i fanghi e i banchetti a traverso ai quali sia-mo passati – c’è chi dice che il nostro viaggio una cosasola ha dimostrato, che cioè: non si può andare in auto-mobile da Pechino a Parigi.

    La proposizione ha qualche cosa di bizantino nel suosemplicismo; ma, diciamolo, è letteralmente precisa enoi abbiamo dimostrato appunto questo: che oggi, ser-vendosi del solo motore di un automobile, è impossibilerecarsi – continuamente e mollemente seduti sui cuscinidella medesima – da Pechino a Parigi. Non sarebbecioè finanziariamente prudente, oggi, in base alla no-stra esperienza, creare una linea regolare di automobilidestinata a condurre le piccole ed elegantissime canzo-nettiste chinesi, senza punto affaticare i loro minuscolipiedini, dalla capitale del Celeste Impero al Moulin

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  • Rouge.Ma al disopra e all’infuori di questo desiderato mas-

    simo, la Pechino-Parigi nulla di positivo ha dunque di-mostrato?

    Io torno col pensiero a Kiakhta, nella casa disadornadel milionario, dove la padrona veniva dalla cucinaalla sala da pranzo, col suo largo e bonario sorriso sulvolto, e copriva la tavola di lunghe file di bottiglie divino generoso, di piatti capaci sui quali erano spezzati imontoni e i vitelli e dai quali si sollevavano vere monta-gne di paste e di riso; – dove Falia, la piccola Buriata,metteva il suo visetto fresco e un po’ selvaggio di giova-ne fiore della steppa; – dove gli amici vecchi e nuovientravano e uscivano, senza invito e senza cerimonia,prendendo la loro parte di ospitalità e di vivanda libe-ralmente. E mi ricordo i discorsi, intorno alle mense ca-riche, tutti intenti a discutere l’utilità pratica della no-stra traversata del Gobi, – avevamo ridotti a quattro idiciassette giorni delle più rapide carovane, – e le do-mande tecniche e precise che ci erano rivolte sulla pos-sibilità di servirsi di questo rapido mezzo di locomozio-ne per ricondurre su quel punto della frontiera una par-te almeno dei trasporti di thè, che ora il mare assorbefino a Wladivostock e di lì la ferrovia Transiberiana.

    E rammenta, Ella, l'entusiasmo del nostro ospited’Irkutsk quando, nostro ospite a sua volta fino a Nijni-Udinsk, provò la gioia della corsa – mentre il respirolargo accoglieva l’aria imbalsamata dal profumo deipini sulle buone strade asciutte di Siberia? – In lui è

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    Rouge.Ma al disopra e all’infuori di questo desiderato mas-

    simo, la Pechino-Parigi nulla di positivo ha dunque di-mostrato?

    Io torno col pensiero a Kiakhta, nella casa disadornadel milionario, dove la padrona veniva dalla cucinaalla sala da pranzo, col suo largo e bonario sorriso sulvolto, e copriva la tavola di lunghe file di bottiglie divino generoso, di piatti capaci sui quali erano spezzati imontoni e i vitelli e dai quali si sollevavano vere monta-gne di paste e di riso; – dove Falia, la piccola Buriata,metteva il suo visetto fresco e un po’ selvaggio di giova-ne fiore della steppa; – dove gli amici vecchi e nuovientravano e uscivano, senza invito e senza cerimonia,prendendo la loro parte di ospitalità e di vivanda libe-ralmente. E mi ricordo i discorsi, intorno alle mense ca-riche, tutti intenti a discutere l’utilità pratica della no-stra traversata del Gobi, – avevamo ridotti a quattro idiciassette giorni delle più rapide carovane, – e le do-mande tecniche e precise che ci erano rivolte sulla pos-sibilità di servirsi di questo rapido mezzo di locomozio-ne per ricondurre su quel punto della frontiera una par-te almeno dei trasporti di thè, che ora il mare assorbefino a Wladivostock e di lì la ferrovia Transiberiana.

    E rammenta, Ella, l'entusiasmo del nostro ospited’Irkutsk quando, nostro ospite a sua volta fino a Nijni-Udinsk, provò la gioia della corsa – mentre il respirolargo accoglieva l’aria imbalsamata dal profumo deipini sulle buone strade asciutte di Siberia? – In lui è

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  • certo rimasto il germe della passione automobilistica enella buona stagione, su quei “tracts” siberiani, sonoinfinite le possibilità dell'automobile.

    A Krasnojarsk furono lunghi colloqui con due praticie seri Inglesi, concessionari e ingegneri di miniered’oro. Per loro si trattava di stabilire una comunicazio-ne più rapida fra Krasnojarsk e Jenisseisk: e la nostramacchina che riposava lì nel cortile dell'albergo “Me-tropole”, intatta dopo più di tremila chilometri di terri-bili strade, diveniva un interessante soggetto di discus-sione e apriva dinanzi agli occhi loro un orizzonte vastoe nuovo di soluzioni insperate.

    E fu a Tomsk in casa del Governatore. – Laggiù alSud, all’estremo lembo meridionale della sua provincia,estesa quanto l'Impero Germanico, i Monti Altai drizza-no le cime alpestri e offrono le valli e i fianchi, ricchi ditesori minerari, all'attività umana. – E mentre il Gover-natore mi narrava le vicende di una certa Società An-glo-Russa, che intendeva attivare e rendere regolari lecomunicazioni di Tomsk con l'Oceano Artico, rimontan-do nella stagione estiva l’Obi con grossi piroscafi; ementre mi diceva tutta l'utilità che ne avrebbe tratta laSiberia Centrale, tutto l’impulso che ne sarebbe venutoalla sua industria e alla sua esportazione – i suoi occhid'uomo moderno, fissati lontano, perseguivano il sognodi collegare Tomsk a Barnaul e Bijsk e ai centri minera-ri dell'Altai con l’automobile veloce. E il progetto eravagliato e criticato: era insomma discusso.

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    certo rimasto il germe della passione automobilistica enella buona stagione, su quei “tracts” siberiani, sonoinfinite le possibilità dell'automobile.

    A Krasnojarsk furono lunghi colloqui con due praticie seri Inglesi, concessionari e ingegneri di miniered’oro. Per loro si trattava di stabilire una comunicazio-ne più rapida fra Krasnojarsk e Jenisseisk: e la nostramacchina che riposava lì nel cortile dell'albergo “Me-tropole”, intatta dopo più di tremila chilometri di terri-bili strade, diveniva un interessante soggetto di discus-sione e apriva dinanzi agli occhi loro un orizzonte vastoe nuovo di soluzioni insperate.

    E fu a Tomsk in casa del Governatore. – Laggiù alSud, all’estremo lembo meridionale della sua provincia,estesa quanto l'Impero Germanico, i Monti Altai drizza-no le cime alpestri e offrono le valli e i fianchi, ricchi ditesori minerari, all'attività umana. – E mentre il Gover-natore mi narrava le vicende di una certa Società An-glo-Russa, che intendeva attivare e rendere regolari lecomunicazioni di Tomsk con l'Oceano Artico, rimontan-do nella stagione estiva l’Obi con grossi piroscafi; ementre mi diceva tutta l'utilità che ne avrebbe tratta laSiberia Centrale, tutto l’impulso che ne sarebbe venutoalla sua industria e alla sua esportazione – i suoi occhid'uomo moderno, fissati lontano, perseguivano il sognodi collegare Tomsk a Barnaul e Bijsk e ai centri minera-ri dell'Altai con l’automobile veloce. E il progetto eravagliato e criticato: era insomma discusso.

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  • Dopo la caduta dal ponte Ettore arrischia la primaocchiata di controllo alla macchina.

    Più in là, a Omsk, eravamo in piena steppa. – La sta-gione piovosa laggiù è assai più breve che nella “tai-ga”; il terreno stepposo più resistente alla pioggia; ilsuolo quasi assolutamente piano. – Ritrovavamo lì lecondizioni di viabilità della Mongolia settentrionale,dove, in caccia di antilopi, avevamo potuto lanciare lanostra macchina alle più alte velocità. – E trovavamo lìun ambiente di lavoro e di progresso inatteso e meravi-glioso. – Quaranta milioni di rubli d'esportazione diburro nel 1906 e sei milioni di rubli in acquisto di mac-chine agrarie nello stesso periodo. – L'attività di russiintelligenti, di siberiani attivi e sagaci, di chirghisi dive-nuti laboriosi e abili, guidata e rafforzata dall'opera fi-

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    Dopo la caduta dal ponte Ettore arrischia la primaocchiata di controllo alla macchina.

    Più in là, a Omsk, eravamo in piena steppa. – La sta-gione piovosa laggiù è assai più breve che nella “tai-ga”; il terreno stepposo più resistente alla pioggia; ilsuolo quasi assolutamente piano. – Ritrovavamo lì lecondizioni di viabilità della Mongolia settentrionale,dove, in caccia di antilopi, avevamo potuto lanciare lanostra macchina alle più alte velocità. – E trovavamo lìun ambiente di lavoro e di progresso inatteso e meravi-glioso. – Quaranta milioni di rubli d'esportazione diburro nel 1906 e sei milioni di rubli in acquisto di mac-chine agrarie nello stesso periodo. – L'attività di russiintelligenti, di siberiani attivi e sagaci, di chirghisi dive-nuti laboriosi e abili, guidata e rafforzata dall'opera fi-

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  • nanziaria e commerciale oculata e intraprendente didanesi, d'inglesi, di norvegesi, di tedeschi. – Tutto unmondo in movimento che si arricchisce intorno al be-stiame, al latte, al burro, promovendo il miglioramentodei pascoli, l'intensificazione dell'agricoltura foraggie-ra.

    E il territorio di questo sfruttamento, ogni anno piùintenso, penetra e si estende in tutta la regione dellesteppe, dove le orde chirghise spinte dall’istinto di raz-za vanno nomadi di pastura in pastura; si espande inmille rivoli per tutti i villaggi, dove gli emigrati d'oggi,o i figli degli antichi esiliati della Russia Europea, siaccolgono in nuove comunità lavoratrici e prospere. –E da Omsk a Kurgan, al lago Balkasch, a Semipalatinsksi stende la steppa immensa e si moltiplicano oggi lepossibilità, domani le necessità delle comunicazioni edei trasporti automobilistici.

    E poi a Tjumen e a Jekaterinburg, fra quella gentemodesta e operosa, in quella miniera inesauribile degliUrali, dove ogni ettaro di terreno è un tesoro di ricchez-ze nascoste, dove la pietra crea la strada meno proble-matica; – e poi avanti, avanti, fino alla frontiera di Ger-mania – da per tutto – il passaggio della nostra macchi-na, che resisteva alle prove più ardue, che passava in-colume attraverso torture meccaniche dalle quali sonofiaccati i “tarantass” robusti e le “teleghe” leggere –da per tutto essa lasciava il solco e, forse nel solco, ilseme di un avvenire di civiltà più sicuro, di un più rapi-do progresso, perchè dovunque essa evocava l'imagine

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    nanziaria e commerciale oculata e intraprendente didanesi, d'inglesi, di norvegesi, di tedeschi. – Tutto unmondo in movimento che si arricchisce intorno al be-stiame, al latte, al burro, promovendo il miglioramentodei pascoli, l'intensificazione dell'agricoltura foraggie-ra.

    E il territorio di questo sfruttamento, ogni anno piùintenso, penetra e si estende in tutta la regione dellesteppe, dove le orde chirghise spinte dall’istinto di raz-za vanno nomadi di pastura in pastura; si espande inmille rivoli per tutti i villaggi, dove gli emigrati d'oggi,o i figli degli antichi esiliati della Russia Europea, siaccolgono in nuove comunità lavoratrici e prospere. –E da Omsk a Kurgan, al lago Balkasch, a Semipalatinsksi stende la steppa immensa e si moltiplicano oggi lepossibilità, domani le necessità delle comunicazioni edei trasporti automobilistici.

    E poi a Tjumen e a Jekaterinburg, fra quella gentemodesta e operosa, in quella miniera inesauribile degliUrali, dove ogni ettaro di terreno è un tesoro di ricchez-ze nascoste, dove la pietra crea la strada meno proble-matica; – e poi avanti, avanti, fino alla frontiera di Ger-mania – da per tutto – il passaggio della nostra macchi-na, che resisteva alle prove più ardue, che passava in-colume attraverso torture meccaniche dalle quali sonofiaccati i “tarantass” robusti e le “teleghe” leggere –da per tutto essa lasciava il solco e, forse nel solco, ilseme di un avvenire di civiltà più sicuro, di un più rapi-do progresso, perchè dovunque essa evocava l'imagine

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  • della via di comunicazione regolare, per la quale il san-gue dei popoli circola vivificando i continenti.

    Ma di qua dalla frontiera di Russia – nell'Europa oc-cidentale – qui dove le automobili già solcano le bellenumerose strade tedesche e quelle meravigliose diFrancia, qui dove il problema dei servizi automobilisticinon è più un sogno nell'avvenire ma un problema nelpresente, – qui nell'Europa occidentale il successo delnostro sforzo ingigantì, si affermò nelle discussioni deitecnici, nell’entusiasmo delle popolazioni. E si capisce.

    L’Itala sprofondata e l'uomo che fu il primo ad accorrere.

    Qui apparve a tutti il significato più profondo, il valorepiù diretto del nostro tentativo. – Non si trattava più diricercare una qualche utilità locale, l’interesse di un ri-

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    della via di comunicazione regolare, per la quale il san-gue dei popoli circola vivificando i continenti.

    Ma di qua dalla frontiera di Russia – nell'Europa oc-cidentale – qui dove le automobili già solcano le bellenumerose strade tedesche e quelle meravigliose diFrancia, qui dove il problema dei servizi automobilisticinon è più un sogno nell'avvenire ma un problema nelpresente, – qui nell'Europa occidentale il successo delnostro sforzo ingigantì, si affermò nelle discussioni deitecnici, nell’entusiasmo delle popolazioni. E si capisce.

    L’Itala sprofondata e l'uomo che fu il primo ad accorrere.

    Qui apparve a tutti il significato più profondo, il valorepiù diretto del nostro tentativo. – Non si trattava più diricercare una qualche utilità locale, l’interesse di un ri-

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  • stretto gruppo di industriali o di commercianti – si trat-tava invece di un’affermazione nuova e decisiva di unindustria essenzialmente europea; di un'industria gio-vane, ma vitale ed attivissima, nella quale è impegnatoun cumulo enorme di capitale, di scienza, d’intelligen-za, di lavoro abile ed evoluto.

    Quando uno Stato vuol rinnovare la propria artiglie-ria: dopo studiati i dati tecnici, dopo approvati i proget-ti definitivi, dopo ottenuti i primi elementi del materiale,si fanno le prove del collaudo e si fanno ad oltranza. – Imetalli sono esperimentati oltre il limite massimo delleloro resistenze, – si misurano alla trazione, alla torsio-ne, alla compressione, si deformano in ogni senso al dilà del necessario. – Poi, quando la bocca a fuoco è fusacon ogni precisione balistica, si prova al tiro e si esage-rano le cariche, si variano gli esplosivi e non si è soddi-sfatti se il pezzo non resiste a sforzi assai più violenti eprolungati di quelli ai quali è destinato in pratica a sot-tostare.

    Il “raid” Pechino-Parigi fu una prova ad oltranzadella produzione automobilistica, – e come tale esso in-teressò il pubblico.

    Le nostre persone, il nome della marca, erano in se-conda linea, – la nostra vettura rappresentava la produ-zione automobilistica europea.

    Il mondo civile assisteva alla prova di collaudo piùlarga, più completa, più persuasiva, cui fosse stato fino-ra sottoposto il nuovo istrumento, da esso stesso foggia-to per fornire un altro e più decisivo passo avanti sulla

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    stretto gruppo di industriali o di commercianti – si trat-tava invece di un’affermazione nuova e decisiva di unindustria essenzialmente europea; di un'industria gio-vane, ma vitale ed attivissima, nella quale è impegnatoun cumulo enorme di capitale, di scienza, d’intelligen-za, di lavoro abile ed evoluto.

    Quando uno Stato vuol rinnovare la propria artiglie-ria: dopo studiati i dati tecnici, dopo approvati i proget-ti definitivi, dopo ottenuti i primi elementi del materiale,si fanno le prove del collaudo e si fanno ad oltranza. – Imetalli sono esperimentati oltre il limite massimo delleloro resistenze, – si misurano alla trazione, alla torsio-ne, alla compressione, si deformano in ogni senso al dilà del necessario. – Poi, quando la bocca a fuoco è fusacon ogni precisione balistica, si prova al tiro e si esage-rano le cariche, si variano gli esplosivi e non si è soddi-sfatti se il pezzo non resiste a sforzi assai più violenti eprolungati di quelli ai quali è destinato in pratica a sot-tostare.

    Il “raid” Pechino-Parigi fu una prova ad oltranzadella produzione automobilistica, – e come tale esso in-teressò il pubblico.

    Le nostre persone, il nome della marca, erano in se-conda linea, – la nostra vettura rappresentava la produ-zione automobilistica europea.

    Il mondo civile assisteva alla prova di collaudo piùlarga, più completa, più persuasiva, cui fosse stato fino-ra sottoposto il nuovo istrumento, da esso stesso foggia-to per fornire un altro e più decisivo passo avanti sulla

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  • via dell' abolizione di ogni motore umano o animale,abolizione che è uno degli indici più sicuri di progressosociale.

    Quando io rilevai la sfida del “Matin”, avevo dinan-zi agli occhi questo scopo: dimostrare che l’automobiledi buona fabbricazione, condotta con prudenza e concura, è capace di sostituire, praticamente, nei lunghiviaggi, con o senza strade, la trazione animale.

    Che importa se, per pochi metri, l'automobile debbaessere trainata a braccia d'uomo: che monta se di tantoin tanto occorra disimpegnarla dal fango o dalla sabbiacon l'aiuto delle binde e delle leve, o caricarla su unazattera o una chiatta per traversare i corsi d'acqua in-guadabili? – Al di là di questi ostacoli brevi, che signi-ficano poche ore di ritardo, la macchina è lì pronta allosforzo consueto, che nessun mezzo di trazione animalepotrebbe protrarre così a lungo e così di seguito, cheessa sopporta senza apprezzabile deterioramento, conprecisione e costanza di lavoro.

    E la Pechino-Parigi mi diede ragione.L’“Itala” ha compiuto senza usure anormali il lungo

    tragitto su strade quasi sempre cattive, spesso pessime,in condizioni di clima e di temperatura, nelle quali tuttol'organismo meccanico era messo a durissimo cimento.– Il telaio sconquassato dalle scosse e dai sobbalzi; ilmotore sforzato nelle salite erte, dove le ruote slittava-no nei sabbioni o sulle crete rese viscide dalla pioggia;sovrariscaldato nelle lunghe ore di marcia lentissimasotto temperature elevate e su terreni difficili; la carbu-

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    via dell' abolizione di ogni motore umano o animale,abolizione che è uno degli indici più sicuri di progressosociale.

    Quando io rilevai la sfida del “Matin”, avevo dinan-zi agli occhi questo scopo: dimostrare che l’automobiledi buona fabbricazione, condotta con prudenza e concura, è capace di sostituire, praticamente, nei lunghiviaggi, con o senza strade, la trazione animale.

    Che importa se, per pochi metri, l'automobile debbaessere trainata a braccia d'uomo: che monta se di tantoin tanto occorra disimpegnarla dal fango o dalla sabbiacon l'aiuto delle binde e delle leve, o caricarla su unazattera o una chiatta per traversare i corsi d'acqua in-guadabili? – Al di là di questi ostacoli brevi, che signi-ficano poche ore di ritardo, la macchina è lì pronta allosforzo consueto, che nessun mezzo di trazione animalepotrebbe protrarre così a lungo e così di seguito, cheessa sopporta senza apprezzabile deterioramento, conprecisione e costanza di lavoro.

    E la Pechino-Parigi mi diede ragione.L’“Itala” ha compiuto senza usure anormali il lungo

    tragitto su strade quasi sempre cattive, spesso pessime,in condizioni di clima e di temperatura, nelle quali tuttol'organismo meccanico era messo a durissimo cimento.– Il telaio sconquassato dalle scosse e dai sobbalzi; ilmotore sforzato nelle salite erte, dove le ruote slittava-no nei sabbioni o sulle crete rese viscide dalla pioggia;sovrariscaldato nelle lunghe ore di marcia lentissimasotto temperature elevate e su terreni difficili; la carbu-

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  • razione spesso anormale fra sbalzi termometrici di die-cine di gradi, in un clima variabile dalla siccità diutur-na alla pioggia e all'umidità quotidiana; le trasmissionie i cambi di velocità continuamente urtati; la frizioneogni istante disinnestata e rinnestata.

    Tutte le parti insomma – e non parlo delle ruote edelle molle che dovettero cedere alla fatica – tutte era-no messe alla prova ad oltranza. Fu un collaudo senzaprecedenti, E sui 16.000 chilometri, circa, che percor-remmo, e dei quali 12.000 furono senza strade massic-ciate, si riduce a meno di 200 chilometri la somma diquei tratti che l’automobile non percorse mossa sola-mente dal suo motore.

    Trattenendo l'automobile in una ripida discesa in riva alfiume Hum.

    Io mi dichiaro soddisfatto del successo pratico otte-

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    razione spesso anormale fra sbalzi termometrici di die-cine di gradi, in un clima variabile dalla siccità diutur-na alla pioggia e all'umidità quotidiana; le trasmissionie i cambi di velocità continuamente urtati; la frizioneogni istante disinnestata e rinnestata.

    Tutte le parti insomma – e non parlo delle ruote edelle molle che dovettero cedere alla fatica – tutte era-no messe alla prova ad oltranza. Fu un collaudo senzaprecedenti, E sui 16.000 chilometri, circa, che percor-remmo, e dei quali 12.000 furono senza strade massic-ciate, si riduce a meno di 200 chilometri la somma diquei tratti che l’automobile non percorse mossa sola-mente dal suo motore.

    Trattenendo l'automobile in una ripida discesa in riva alfiume Hum.

    Io mi dichiaro soddisfatto del successo pratico otte-

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  • nuto, anche se ha dimostrato che, oggi come oggi, nonsi può venire d'un fiato e senza scendere di macchina daPechino a Parigi.

    Ma il successo si deve ad alcuni fattori che voglio ri-levare.

    Taccio della macchina. La riuscita materiale l'ha di-mostrata ottima; ma essa non fu, insomma, se nonl'istrumento del successo; lo scalpello con il qualel’artista scolpisce la statua, che ha creata nel suo sognodi bellezza. La mano intelligente, che guida lo scalpello,è più ancora nell'opera d'arte – ed operò nella prepara-zione diligente della spedizione.

    La scelta della macchina fu fatta secondo criteri cer-ti. Si pensò che la forza e la leggerezza fossero terminirelativi, e che poteva essere di fatto più leggera e piùutile una macchina di duemila chili con quaranta caval-li, che non una di peso poco inferiore con molto minorforza. E si fu estremamente meticolosi nella organizza-zione della parte logistica. Con noi portavamo una lar-ga collezione di pezzi di ricambio, ordinatamente dispo-sti nel cassone posteriore della macchina, dal quale perventura non fu quasi mai necessario estrarli. Sul per-corso furono largamente e logicamente distribuiti i ri-fornimenti delle materie di consumo.

    Dal 15 febbraio, giorno dell'accettazione definitivadella sfida, al 10 giugno, giorno fissato alla partenza daPechino, il tempo ristretto non permetteva la corrispon-denza epistolare. Fu personalmente e telegraficamenteche si provvide.

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    nuto, anche se ha dimostrato che, oggi come oggi, nonsi può venire d'un fiato e senza scendere di macchina daPechino a Parigi.

    Ma il successo si deve ad alcuni fattori che voglio ri-levare.

    Taccio della macchina. La riuscita materiale l'ha di-mostrata ottima; ma essa non fu, insomma, se nonl'istrumento del successo; lo scalpello con il qualel’artista scolpisce la statua, che ha creata nel suo sognodi bellezza. La mano intelligente, che guida lo scalpello,è più ancora nell'opera d'arte – ed operò nella prepara-zione diligente della spedizione.

    La scelta della macchina fu fatta secondo criteri cer-ti. Si pensò che la forza e la leggerezza fossero terminirelativi, e che poteva essere di fatto più leggera e piùutile una macchina di duemila chili con quaranta caval-li, che non una di peso poco inferiore con molto minorforza. E si fu estremamente meticolosi nella organizza-zione della parte logistica. Con noi portavamo una lar-ga collezione di pezzi di ricambio, ordinatamente dispo-sti nel cassone posteriore della macchina, dal quale perventura non fu quasi mai necessario estrarli. Sul per-corso furono largamente e logicamente distribuiti i ri-fornimenti delle materie di consumo.

    Dal 15 febbraio, giorno dell'accettazione definitivadella sfida, al 10 giugno, giorno fissato alla partenza daPechino, il tempo ristretto non permetteva la corrispon-denza epistolare. Fu personalmente e telegraficamenteche si provvide.

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  • Da Shanghai vennero a Pechino la benzina e l’olionecessari per il percorso in China e in Mongolia. DaPietroburgo la casa Nobel pensò a distribuire per la Si-beria e per la Russia le quantità necessarie alla traver-sata dell'immenso impero.

    Sotto le antiche mura di Tu-mu-pu.

    Da Pechino le lente carovane di cammelli – quantene sorpassammo marcianti sonnacchiose nella lucedell'alba, nel crepuscolo lunghissimo della sera, o fer-me, mentre passavano sulle bestie brucanti gli sterpi,sugli uomini riparati sotto le tende rabescate, le ore delsole torrido! – portavano al solitario pozzo di Udde,alla città sacra di Urga, l'occorrente per la conquista

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    Da Shanghai vennero a Pechino la benzina e l’olionecessari per il percorso in China e in Mongolia. DaPietroburgo la casa Nobel pensò a distribuire per la Si-beria e per la Russia le quantità necessarie alla traver-sata dell'immenso impero.

    Sotto le antiche mura di Tu-mu-pu.

    Da Pechino le lente carovane di cammelli – quantene sorpassammo marcianti sonnacchiose nella lucedell'alba, nel crepuscolo lunghissimo della sera, o fer-me, mentre passavano sulle bestie brucanti gli sterpi,sugli uomini riparati sotto le tende rabescate, le ore delsole torrido! – portavano al solitario pozzo di Udde,alla città sacra di Urga, l'occorrente per la conquista

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  • meccanica del deserto di Gobi, e fu facile conquista.Dall'altra parte affluivano per la Transiberiana gli stes-si elementi di sicurezza e di moto nelle grandi città e neipiccoli borghi sparsi lungo il vecchio “tract” siberiano,che prima della nostra libera macchina, spiegante alvento il vessillo di un popolo libero, aveva viste passaretante torme di poveri esseri sofferenti e fieri, cacciati aportare lontano dalla patria il loro cuore generoso, lamente avida di libertà e di giustizia.

    Dall'Italia giungevano alle tappe prestabilite i pneu-matici; ed era fissato a Omsk un deposito di parti di ri-cambio, specialmente ruote e molle, che si riteneva in-dispensabile mutare in quella città, situata a metà circadel l'intiero percorso.

    Le quantità d'olio e di benzina erano calcolate così:a bordo c’era posto per trecento chili di benzina e centod'olio, quantità sufficiente a percorrere circa mille chi-lometri. Ai depositi ce n’era sempre tanto da riempirecompletamente il carico della vettura; e questi depositi,che, per ragioni di trasporto, erano distanti circa sette-cento chilometri in Mongolia, erano scaglionati su di-stanze varianti da duecentocinquanta a un massimo dicinquecento chilometri sul percorso Russo, dove spes-seggiano i luoghi accessibili per ferrovia o per via flu-viale. Da Irkutsk in là i pneumatici Pirelli mi attendeva-no ogni mille o millecinquecento chilometri.

    E fummo fortunati. Mai una volta ci trovammo a cor-to di carburante o di lubrificante; mai ci mancò la prov-vista dei pneumatici, della quale facemmo del resto così

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    meccanica del deserto di Gobi, e fu facile conquista.Dall'altra parte affluivano per la Transiberiana gli stes-si elementi di sicurezza e di moto nelle grandi città e neipiccoli borghi sparsi lungo il vecchio “tract” siberiano,che prima della nostra libera macchina, spiegante alvento il vessillo di un popolo libero, aveva viste passaretante torme di poveri esseri sofferenti e fieri, cacciati aportare lontano dalla patria il loro cuore generoso, lamente avida di libertà e di giustizia.

    Dall'Italia giungevano alle tappe prestabilite i pneu-matici; ed era fissato a Omsk un deposito di parti di ri-cambio, specialmente ruote e molle, che si riteneva in-dispensabile mutare in quella città, situata a metà circadel l'intiero percorso.

    Le quantità d'olio e di benzina erano calcolate così:a bordo c’era posto per trecento chili di benzina e centod'olio, quantità sufficiente a percorrere circa mille chi-lometri. Ai depositi ce n’era sempre tanto da riempirecompletamente il carico della vettura; e questi depositi,che, per ragioni di trasporto, erano distanti circa sette-cento chilometri in Mongolia, erano scaglionati su di-stanze varianti da duecentocinquanta a un massimo dicinquecento chilometri sul percorso Russo, dove spes-seggiano i luoghi accessibili per ferrovia o per via flu-viale. Da Irkutsk in là i pneumatici Pirelli mi attendeva-no ogni mille o millecinquecento chilometri.

    E fummo fortunati. Mai una volta ci trovammo a cor-to di carburante o di lubrificante; mai ci mancò la prov-vista dei pneumatici, della quale facemmo del resto così

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  • scarso uso.Una cosa sola non corrispose ai nostri desideri, e fu

    bene. Avemmo così la dimostrazione che i nostri calcolierano stati precisi.

    Le ruote e le molle di ricambio, per difficoltà con laDogana Austriaca, non raggiunsero Omsk, dovetteroessere fermate a Mosca: e noi entrammo a Kazan zop-picando sulle molle spezzate e sulla ruota, che l’asciadel “mujik” latinista ci aveva riparata, in un dopopranzo di festa, sulle rive della Kama.

    E un altra cosa avrebbe dovuto essere più curata: il“confort” dei viaggiatori sulla vettura e la disposizionedel bagaglio.

    Ella, che ne ha sofferto più di tutti, ricorda certocome fino alla vigilia dell'arrivo a Parigi non avessimotrovata la forma definitiva da dare a quell’informe cu-mulo di valigie e di sacchi che, accatastato sul cassonedei ferri e troppo spesso sulla sua schiena, era il nostrobagaglio.

    Ettore aveva un bel legarlo con ogni attenzione, sen-za economia di corde e cordelline, con la più grande in-gegnosità di trovate; le scosse della vettura allentavanole più sapienti combinazioni e il grosso sacco poco allavolta oscillava e si apriva. – E Ettore ricominciava. –Quanto lavoro ha fatto quel bravo figliuolo in quei ses-santa giorni! Egli è stato davvero la mano intelligenteche guida lo scalpello. Senza le sue cure costanti delmotore e di tutte le parti della macchina – alle qualiegli sacrificò e sonno e cibo – non saremmo arrivati a

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    scarso uso.Una cosa sola non corrispose ai nostri desideri, e fu

    bene. Avemmo così la dimostrazione che i nostri calcolierano stati precisi.

    Le ruote e le molle di ricambio, per difficoltà con laDogana Austriaca, non raggiunsero Omsk, dovetteroessere fermate a Mosca: e noi entrammo a Kazan zop-picando sulle molle spezzate e sulla ruota, che l’asciadel “mujik” latinista ci aveva riparata, in un dopopranzo di festa, sulle rive della Kama.

    E un altra cosa avrebbe dovuto essere più curata: il“confort” dei viaggiatori sulla vettura e la disposizionedel bagaglio.

    Ella, che ne ha sofferto più di tutti, ricorda certocome fino alla vigilia dell'arrivo a Parigi non avessimotrovata la forma definitiva da dare a quell’informe cu-mulo di valigie e di sacchi che, accatastato sul cassonedei ferri e troppo spesso sulla sua schiena, era il nostrobagaglio.

    Ettore aveva un bel legarlo con ogni attenzione, sen-za economia di corde e cordelline, con la più grande in-gegnosità di trovate; le scosse della vettura allentavanole più sapienti combinazioni e il grosso sacco poco allavolta oscillava e si apriva. – E Ettore ricominciava. –Quanto lavoro ha fatto quel bravo figliuolo in quei ses-santa giorni! Egli è stato davvero la mano intelligenteche guida lo scalpello. Senza le sue cure costanti delmotore e di tutte le parti della macchina – alle qualiegli sacrificò e sonno e cibo – non saremmo arrivati a

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  • Parigi, forse neppure saremmo qui.Nessuno, che non l’abbia provato, imagina quello

    che è, in un lungo viaggio come il nostro, il lavoro delmeccanico: completamente abbandonato a se stesso,senza l'appoggio di officine, senza la comodità dei “ga-rages”, in paesi dove ogni elemento di meccanica èsconosciuto, dove la lingua è strana, l’ideazione stessacosì lontana dalla nostra.

    La prima difficoltà. – L’Itala attacca il ponte sullo Sha-ho.

    Dopo quattordici, sedici, diciotto ore di marcia du-rante le quali coi denti stretti, in una tensione continuadei nervi, si è spiato ogni suono del motore, ogni scric-chiolio della vettura, cercando di contenderne l'esisten-za alle difficoltà del terreno – altre due o tre ore stesi di

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    Parigi, forse neppure saremmo qui.Nessuno, che non l’abbia provato, imagina quello

    che è, in un lungo viaggio come il nostro, il lavoro delmeccanico: completamente abbandonato a se stesso,senza l'appoggio di officine, senza la comodità dei “ga-rages”, in paesi dove ogni elemento di meccanica èsconosciuto, dove la lingua è strana, l’ideazione stessacosì lontana dalla nostra.

    La prima difficoltà. – L’Itala attacca il ponte sullo Sha-ho.

    Dopo quattordici, sedici, diciotto ore di marcia du-rante le quali coi denti stretti, in una tensione continuadei nervi, si è spiato ogni suono del motore, ogni scric-chiolio della vettura, cercando di contenderne l'esisten-za alle difficoltà del terreno – altre due o tre ore stesi di

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  • sotto al telaio, nel caldo della macchina affaticata, neltanfo dell’olio e dei grassi bruciati, a esaminare, a pro-vare, a registrare, a stringere i dadi che si allentano, leviti che si muovono, non contenti di riparare le piccoleusure e i lievi spostamenti cagionati dalle fatiche delgiorno, ma cercando di prevedere e di prevenire, consagacia e ingegnosità, le possibili “pannes” dell'indo-mani.

    Questo il lavoro normale, dopo le poche ore di sonnorubate alla durezza dei pavimenti, dopo il cibo preso infretta, con i piedi sul predellino, mentre la macchinasobbalza da una carreggiata nell’altra: ma poi di tantoin tanto si aggiungeva per Ettore il lavoro del guidato-re.

    O che egli mi sostituisse al volante per concedermiriposo, o che le difficoltà della strada richiedessero cheio da terra lo guidassi nel passaggio di tratti troppo ar-dui per essere affrontati dall'alto della vettura. Ed an-che come guidatore egli fu insuperabile.

    Si ricorda, Barzini, quante volte nel salire sui ponti, onel traversare i brevi istmi di terreno asciutto sulle stra-de impantanate, ero obbligato, dopo esaminato il terre-no, di segnare a Ettore con i ciottoli o con i rami il pun-to preciso dove doveva passare la ruota della vettura?

    E rammenta la meravigliosa precisione dell'atto rapi-do con il quale la macchina, accelerata al massimo pernon pesare e non rischiare d'impuntarsi, senza esitanzabalzava sul tavolato del ponte o saltava fuori dalla poz-za di fanghiglia nera e vischiosa?

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    sotto al telaio, nel caldo della macchina affaticata, neltanfo dell’olio e dei grassi bruciati, a esaminare, a pro-vare, a registrare, a stringere i dadi che si allentano, leviti che si muovono, non contenti di riparare le piccoleusure e i lievi spostamenti cagionati dalle fatiche delgiorno, ma cercando di prevedere e di prevenire, consagacia e ingegnosità, le possibili “pannes” dell'indo-mani.

    Questo il lavoro normale, dopo le poche ore di sonnorubate alla durezza dei pavimenti, dopo il cibo preso infretta, con i piedi sul predellino, mentre la macchinasobbalza da una carreggiata nell’altra: ma poi di tantoin tanto si aggiungeva per Ettore il lavoro del guidato-re.

    O che egli mi sostituisse al volante per concedermiriposo, o che le difficoltà della strada richiedessero cheio da terra lo guidassi nel passaggio di tratti troppo ar-dui per essere affrontati dall'alto della vettura. Ed an-che come guidatore egli fu insuperabile.

    Si ricorda, Barzini, quante volte nel salire sui ponti, onel traversare i brevi istmi di terreno asciutto sulle stra-de impantanate, ero obbligato, dopo esaminato il terre-no, di segnare a Ettore con i ciottoli o con i rami il pun-to preciso dove doveva passare la ruota della vettura?

    E rammenta la meravigliosa precisione dell'atto rapi-do con il quale la macchina, accelerata al massimo pernon pesare e non rischiare d'impuntarsi, senza esitanzabalzava sul tavolato del ponte o saltava fuori dalla poz-za di fanghiglia nera e vischiosa?

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  • E non ostante la forte coscienza del suo valore e del-la sua capacità – o forse per questo – Ettore conservavanelle difficoltà, nelle fatiche, nei pericoli e nelle intem-perie (Le risovvengono le eterne giornate di pioggia efango che abbiamo attraversate?), nei trionfi e nelleapoteosi – che l’atto di cui era così gran parte provoca-va – egli conservava la stessa serenità, la stessa mode-stia, lo stesso inalterato buon umore e l'operosità co-stante e la incrollabile fiducia nel successo. E io che giàlo avevo compagno di dieci anni d'automobilismo, nonsempre facile e piano, che già l'avevo amico provato ecaro, gli ho confermato, per sempre, la più viva e la piùcordiale amicizia, la più profonda gratitudine.

    Ettore Guizzardi è un bell’esempio di lavoratore edu-cato e cosciente.

    In lui nulla di servile: la sicurezza assoluta del suomerito, il senso acuto della propria responsabilità el'opera intelligente prestata, con disinteresse e con at-taccamento d'amico, a chi ha potuto ispirargli fiduciaferma e che egli ritiene capace di apprezzare le suegrandi qualità d'intelligenza e di cuore.

    Fuochista a quindici anni sulla locomotiva condottadal padre, lo perdette in uno scontro ferroviario nelquale egli stesso rimase ferito. Da dieci anni è passatocon me di macchina in macchina, ha lavorato nelle offi-cine, si è provato su tutte le strade d'Europa, guada-gnando in prudenza, in coraggio freddo e silenzioso, incapacità ingegnosa e tecnica – e oramai ha avuto laconferma del suo valore negli applausi che l’hanno ac-

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    E non ostante la forte coscienza del suo valore e del-la sua capacità – o forse per questo – Ettore conservavanelle difficoltà, nelle fatiche, nei pericoli e nelle intem-perie (Le risovvengono le eterne giornate di pioggia efango che abbiamo attraversate?), nei trionfi e nelleapoteosi – che l’atto di cui era così gran parte provoca-va – egli conservava la stessa serenità, la stessa mode-stia, lo stesso inalterato buon umore e l'operosità co-stante e la incrollabile fiducia nel successo. E io che giàlo avevo compagno di dieci anni d'automobilismo, nonsempre facile e piano, che già l'avevo amico provato ecaro, gli ho confermato, per sempre, la più viva e la piùcordiale amicizia, la più profonda gratitudine.

    Ettore Guizzardi è un bell’esempio di lavoratore edu-cato e cosciente.

    In lui nulla di servile: la sicurezza assoluta del suomerito, il senso acuto della propria responsabilità el'opera intelligente prestata, con disinteresse e con at-taccamento d'amico, a chi ha potuto ispirargli fiduciaferma e che egli ritiene capace di apprezzare le suegrandi qualità d'intelligenza e di cuore.

    Fuochista a quindici anni sulla locomotiva condottadal padre, lo perdette in uno scontro ferroviario nelquale egli stesso rimase ferito. Da dieci anni è passatocon me di macchina in macchina, ha lavorato nelle offi-cine, si è provato su tutte le strade d'Europa, guada-gnando in prudenza, in coraggio freddo e silenzioso, incapacità ingegnosa e tecnica – e oramai ha avuto laconferma del suo valore negli applausi che l’hanno ac-

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  • colto vittorioso. È romagnolo, e tutte le forze d'impeto edi tenacia della sua razza vibrano in lui attive e fattive.

    Ma un altro fattore di successo fu l’ambiente creatosiintorno a noi.

    E qui come si fa a rendere efficacemente l’importan-za, a valutare l’influenza che ebbero nella riuscita delnostro tentativo: la benevolenza dei governi, la simpatiadelle popolazioni, l'aiuto, il conforto, l’incoraggiamen-to anche solo morale, prodigatoci da tanti ignoti che cifurono per pochi istanti affettuosi amici e che abbiamoperduto di vista per sempre?

    Ella potrà, con la vivacità del Suo stile, rievocare, atraverso le vicende del nostro viaggio, tante figure diesseri buoni che si adoprarono per noi e che non po-temmo singolarmente ringraziare. Ella dirà: come fum-mo assistiti dai nostri rappresentanti all'estero, dal Go-verno chinese e da quello russo, dalle burocrazie di tuttii paesi attraversati, che tutte, compresa la nostra, trova-rono per noi un'ignota e inattesa elasticità di concetti.

    Ella fisserà la fisionomia dei “coolies” chinesi: nudoil busto bronzeo fino alla cintola, il volto impassibile sulquale lo sguardo, che nulla dice all'Europeo, mette unaluce ambigua, duri alla fatica come il metallo nel qualesembrano forgiati.

    Ella scolpirà i cavalieri Mongoli rozzi e fieri, am-mantati nelle lunghe vesti, olenti l'acre fetore del greggee della “yurta”; – i “mujik” dalle lunghe chiome bion-de, dagli sguardi dolci e perduti verso il largo orizzontedel loro paese dalle lente colline e dai lunghi pianori; e

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    colto vittorioso. È romagnolo, e tutte le forze d'impeto edi tenacia della sua razza vibrano in lui attive e fattive.

    Ma un altro fattore di successo fu l’ambiente creatosiintorno a noi.

    E qui come si fa a rendere efficacemente l’importan-za, a valutare l’influenza che ebbero nella riuscita delnostro tentativo: la benevolenza dei governi, la simpatiadelle popolazioni, l'aiuto, il conforto, l’incoraggiamen-to anche solo morale, prodigatoci da tanti ignoti che cifurono per pochi istanti affettuosi amici e che abbiamoperduto di vista per sempre?

    Ella potrà, con la vivacità del Suo stile, rievocare, atraverso le vicende del nostro viaggio, tante figure diesseri buoni che si adoprarono per noi e che non po-temmo singolarmente ringraziare. Ella dirà: come fum-mo assistiti dai nostri rappresentanti all'estero, dal Go-verno chinese e da quello russo, dalle burocrazie di tuttii paesi attraversati, che tutte, compresa la nostra, trova-rono per noi un'ignota e inattesa elasticità di concetti.

    Ella fisserà la fisionomia dei “coolies” chinesi: nudoil busto bronzeo fino alla cintola, il volto impassibile sulquale lo sguardo, che nulla dice all'Europeo, mette unaluce ambigua, duri alla fatica come il metallo nel qualesembrano forgiati.

    Ella scolpirà i cavalieri Mongoli rozzi e fieri, am-mantati nelle lunghe vesti, olenti l'acre fetore del greggee della “yurta”; – i “mujik” dalle lunghe chiome bion-de, dagli sguardi dolci e perduti verso il largo orizzontedel loro paese dalle lente colline e dai lunghi pianori; e

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  • più in là, molto più in là, verso un avvenire di minoremiseria e di vita più umana.

    Questi gruppi, dall’aspetto così diverso, Ella li di-sporrà intenti al salvataggio della nostra macchina:anelante su per le rocce aduste, lanciante getti d'acquae di vapore nelle sabbie della Mongolia, reclinata sulfianco, come una nave incagliata, nelle paludi e nelleforre della Siberia e della Russia.

    Ella dirà – e rinnoverà l'entusiasmo – quanto ci aiu-tassero: la fratellanza dei concittadini incontrati lonta-no, lontano dalla patria – il consenso delle folle che la-sciavano in massa l'officina, la bottega, la scuola peracclamare al passaggio dell'automobile, prodotto e sim-bolo fremente di quel lavoro che è forza viva dei popoliper ogni ascensione.

    Tutto questo ed altro ancora diranno le brillanti pa-gine del suo libro.

    Io voglio accogliere in un unico pensiero di affettuo-sa riconoscenza tutte le donne che – con le cure, la pa-rola cortese, il sorriso fuggevole – in un giorno, in unora, in un istante hanno aggiunto vigore alle membrastanche, coraggio all'anima restia, decisione alla mentedubitosa.

    E intendo tutte: quelle che so e quelle che ci rimaseroignote.

    Intendo tutte: le buone massaie, che avendo un tettoospitale ci diedero per un giorno l’impressione di unanuova famiglia, facendoci assaporare la gioia di unbuon letto e della buona tavola – la delicata sensazione

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    più in là, molto più in là, verso un avvenire di minoremiseria e di vita più umana.

    Questi gruppi, dall’aspetto così diverso, Ella li di-sporrà intenti al salvataggio della nostra macchina:anelante su per le rocce aduste, lanciante getti d'acquae di vapore nelle sabbie della Mongolia, reclinata sulfianco, come una nave incagliata, nelle paludi e nelleforre della Siberia e della Russia.

    Ella dirà – e rinnoverà l'entusiasmo – quanto ci aiu-tassero: la fratellanza dei concittadini incontrati lonta-no, lontano dalla patria – il consenso delle folle che la-sciavano in massa l'officina, la bottega, la scuola peracclamare al passaggio dell'automobile, prodotto e sim-bolo fremente di quel lavoro che è forza viva dei popoliper ogni ascensione.

    Tutto questo ed altro ancora diranno le brillanti pa-gine del suo libro.

    Io voglio accogliere in un unico pensiero di affettuo-sa riconoscenza tutte le donne che – con le cure, la pa-rola cortese, il sorriso fuggevole – in un giorno, in unora, in un istante hanno aggiunto vigore alle membrastanche, coraggio all'anima restia, decisione alla mentedubitosa.

    E intendo tutte: quelle che so e quelle che ci rimaseroignote.

    Intendo tutte: le buone massaie, che avendo un tettoospitale ci diedero per un giorno l’impressione di unanuova famiglia, facendoci assaporare la gioia di unbuon letto e della buona tavola – la delicata sensazione

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  • che provoca, in chi viene dalle solitudini della vita ran-dagia, la casa ordinata e animata dallo spirito femmini-le.

    Le mogli dei “mujik”: che negli alloggi municipali divillaggi isolati da ogni vita civile, nelle “isbe”, tagliatea gran colpi d'accetta nei tronchi delle foreste immense,ci offrirono dalla sera all'alba tutto ciò che avevano, estanza e letto; esularono dalla povera casa perchè noila godessimo; ci portarono la scodella di minestra fu-mante, la brocca di latte sapido della prateria siberia-na, il tozzo di pane nero come la terra che lo produce.

    Il Mandarino Governatore cinese della Mongolia eLuigi Barzini, durante la visita ufficiale.

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    che provoca, in chi viene dalle solitudini della vita ran-dagia, la casa ordinata e animata dallo spirito femmini-le.

    Le mogli dei “mujik”: che negli alloggi municipali divillaggi isolati da ogni vita civile, nelle “isbe”, tagliatea gran colpi d'accetta nei tronchi delle foreste immense,ci offrirono dalla sera all'alba tutto ciò che avevano, estanza e letto; esularono dalla povera casa perchè noila godessimo; ci portarono la scodella di minestra fu-mante, la brocca di latte sapido della prateria siberia-na, il tozzo di pane nero come la terra che lo produce.

    Il Mandarino Governatore cinese della Mongolia eLuigi Barzini, durante la visita ufficiale.

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  • Le donne colte e raffinate, che in un'ora di conversazio-ne intellettuale – resa forse più intima dalla certezza dimai più incontrarsi – distrassero il pensiero nostro dal-le preoccupazioni quotidiane e restituirono all'anima unpo' dell'elasticità che lo sforzo materiale, continuo emonotono, minacciava di affloscire.

    Tutte quelle che al passaggio ci sorrisero, ci soffiaro-no un bacio, ci incitarono col gesto, ci gittarono fiori –tutte – fino a quelle, le nostre donne, che vedevamocoll'imaginazione sulla soglia della nostra casa, con inbraccio i nostri figli, attenderci desiderose e amanti eche, pur nella nostra vita multiforme, erano la forza oc-culta che ci sosteneva e ci moveva. Questi i fattori checondussero al successo la nostra impresa. Ella che nefu il poeta, e sta per esserne lo storico, lo sa meglio dime. E sa anche quanto la sorte di questo nostro viaggiosia stata diversa da quella di tanti altri.

    Io ripenso qualche volta certe figure che dovrebberoessere leggendarie e sono invece quasi dimenticate.Viaggiatori che in paesi ignoti hanno scoperte o ritro-vate verità geografiche, che, rischiando per lunghi anniquotidianamente la vita, hanno aperto al commercio delloro paese fertili zone di sfruttamento, all’industria pae-sana larghi territori di consumo. E io li ripenso – i nomimi bruciano le labbra – al loro ritorno in patria.

    Pochi specialisti li accolgono, poca stampa li discutee solo per criticarli aspramente, il silenzio li circonda ealle volte questo tacere del pubblico, questo silenzioamaro dell'umanità, per la quale lavorarono e soffriro-

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    Le donne colte e raffinate, che in un'ora di conversazio-ne intellettuale – resa forse più intima dalla certezza dimai più incontrarsi – distrassero il pensiero nostro dal-le preoccupazioni quotidiane e restituirono all'anima unpo' dell'elasticità che lo sforzo materiale, continuo emonotono, minacciava di affloscire.

    Tutte quelle che al passaggio ci sorrisero, ci soffiaro-no un bacio, ci incitarono col gesto, ci gittarono fiori –tutte – fino a quelle, le nostre donne, che vedevamocoll'imaginazione sulla soglia della nostra casa, con inbraccio i nostri figli, attenderci desiderose e amanti eche, pur nella nostra vita multiforme, erano la forza oc-culta che ci sosteneva e ci moveva. Questi i fattori checondussero al successo la nostra impresa. Ella che nefu il poeta, e sta per esserne lo storico, lo sa meglio dime. E sa anche quanto la sorte di questo nostro viaggiosia stata diversa da quella di tanti altri.

    Io ripenso qualche volta certe figure che dovrebberoessere leggendarie e sono invece quasi dimenticate.Viaggiatori che in paesi ignoti hanno scoperte o ritro-vate verità geografiche, che, rischiando per lunghi anniquotidianamente la vita, hanno aperto al commercio delloro paese fertili zone di sfruttamento, all’industria pae-sana larghi territori di consumo. E io li ripenso – i nomimi bruciano le labbra – al loro ritorno in patria.

    Pochi specialisti li accolgono, poca stampa li discutee solo per criticarli aspramente, il silenzio li circonda ealle volte questo tacere del pubblico, questo silenzioamaro dell'umanità, per la quale lavorarono e soffriro-

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  • no, li ha uccisi.A noi, che tanto minor cosa facemmo, toccò l'applau-

    so popolare, toccò l’emozione di avere per un momentosollevato l’entusiasmo nelle grandi metropoli del mon-do, nelle città operose, nei borghi tranquilli, lungo tuttele vie d’Europa.

    Il perchè è complesso. V'entra la novità del veicoloimpiegato, la sua crescente importanza economica e so-ciale; v'entra la lunghezza del tragitto compiuto in cosìbreve tempo e in mezzo a difficoltà per la prima voltaintraviste; v’entra la soluzione felice di problemi tecnicie l’affascinante attrattiva di quella terra asiatica, dallaquale forse veniamo e che ci è tanto estranea. V'entra ilcontrasto fra i due estremi del viaggio.

    Alla partenza la misteriosa capitale di un incompren-sibile impero, dal quale il rumore della vita ci giungeaffievolito dalla distanza nello spazio e nel pensiero;all’arrivo la cassa di risonanza più sonora – Parigi –d'onde ogni più lieve alito di vita si sparge per il mondorafforzato e moltiplicato da mille echi.

    Il segreto del perchè è qui e altrove; ma è soprattutto– ed Ella mi pare lo ha detto – nel filo metallico che ciaccompagnò lungo tutta la via e giorno per giorno por-tava le nostre notizie alla stampa che le diffondeva.

    Il telegrafo e la stampa sono stati i fattori immediatidella popolarità della quale ha goduto il nostro tentati-vo.

    Essi hanno sparso dovunque la Sua prosa suggestiva,che dava interesse e moto agli incidenti monotoni, e per

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    no, li ha uccisi.A noi, che tanto minor cosa facemmo, toccò l'applau-

    so popolare, toccò l’emozione di avere per un momentosollevato l’entusiasmo nelle grandi metropoli del mon-do, nelle città operose, nei borghi tranquilli, lungo tuttele vie d’Europa.

    Il perchè è complesso. V'entra la novità del veicoloimpiegato, la sua crescente importanza economica e so-ciale; v'entra la lunghezza del tragitto compiuto in cosìbreve tempo e in mezzo a difficoltà per la prima voltaintraviste; v’entra la soluzione felice di problemi tecnicie l’affascinante attrattiva di quella terra asiatica, dallaquale forse veniamo e che ci è tanto estranea. V'entra ilcontrasto fra i due estremi del viaggio.

    Alla partenza la misteriosa capitale di un incompren-sibile impero, dal quale il rumore della vita ci giungeaffievolito dalla distanza nello spazio e nel pensiero;all’arrivo la cassa di risonanza più sonora – Parigi –d'onde ogni più lieve alito di vita si sparge per il mondorafforzato e moltiplicato da mille echi.

    Il segreto del perchè è qui e altrove; ma è soprattutto– ed Ella mi pare lo ha detto – nel filo metallico che ciaccompagnò lungo tutta la via e giorno per giorno por-tava le nostre notizie alla stampa che le diffondeva.

    Il telegrafo e la stampa sono stati i fattori immediatidella popolarità della quale ha goduto il nostro tentati-vo.

    Essi hanno sparso dovunque la Sua prosa suggestiva,che dava interesse e moto agli incidenti monotoni, e per

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  • noi troppo spesso stucchevoli, della via. Fedele fino allascrupolo alla verità dei fatti, Ella ha saputo illuminarlicon la luce viva dell’ambiente – dar loro il preciso valo-re prospettico nel quadro d'insieme – e il pubblico hasentita la poesia che scaturiva dai singoli capitoli diquella Sua narrazione della nostra modernissima odis-sea.

    Nessuno però sospetterà, leggendo il suo libro, quan-to dispendio di volontà e di forza morale Le sia costato.Io, che ebbi l'onore ed il piacere di esserle compagno inquello sforzo durato due mesi, sforzo intellettuale inten-so in mezzo a disagi materiali che deprimono, io soloposso farne fede.

    E di quei due mesi rimane in me viva l'ammirazioneper Lei ed un senso profondo di amicizia che resisteràal tempo.

    Mi creda, caro Barzini, con affetto e stima suo

    SCIPIONE BORGHESE.

    ETTORE GUIZZARDI.

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    noi troppo spesso stucchevoli, della via. Fedele fino allascrupolo alla verità dei fatti, Ella ha saputo illuminarlicon la luce viva dell’ambiente – dar loro il preciso valo-re prospettico nel quadro d'insieme – e il pubblico hasentita la poesia che scaturiva dai singoli capitoli diquella Sua narrazione della nostra modernissima odis-sea.

    Nessuno però sospetterà, leggendo il suo libro, quan-to dispendio di volontà e di forza morale Le sia costato.Io, che ebbi l'onore ed il piacere di esserle compagno inquello sforzo durato due mesi, sforzo intellettuale inten-so in mezzo a disagi materiali che deprimono, io soloposso farne fede.

    E di quei due mesi rimane in me viva l'ammirazioneper Lei ed un senso profondo di amicizia che resisteràal tempo.

    Mi creda, caro Barzini, con affetto e stima suo

    SCIPIONE BORGHESE.

    ETTORE GUIZZARDI.

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  • INDICE -SOMMARIO

    CAPITOLO I. – Da Parigi a PechinoQuel che mi avvenne il 18 Marzo – A Parigi – «Trovatevi a

    Pechino» – Le preoccupazioni e le occupazioni del Wai-wu-pu – Le automobili – Ettore.

    CAPITOLO II. – La partenzaIl Principe Borghese – L'«Itala» – I preparativi – Vigilia d'armi

    – La partenza.

    CAPITOLO III. – Verso la grande muragliaLa saggezza dell'ignoranza – Sui ponti di Cambaluc – I nostri

    coolies – A Nan-kow – La valle sacra – La Grande Mura-glia si mostra.

    CAPITOLO IV. – Sulle montagnePassando la Grande Muraglia – I marinai ci lasciano – In corsa

    per la campagna cinese – All’ombra della Lian-ya-miao –Momenti d'ansia – La Mongolia ci appare.

    CAPITOLO V. – Sulla soglia della MongoliaLa curiosità d'un figlio di mandarino – Telegrafo e oppio –

    Lottando col fango – Kalgan – Fra Ta Tsum-ba e Tu Tung –Pronti.

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    INDICE -SOMMARIO

    CAPITOLO I. – Da Parigi a PechinoQuel che mi avvenne il 18 Marzo – A Parigi – «Trovatevi a

    Pechino» – Le preoccupazioni e le occupazioni del Wai-wu-pu – Le automobili – Ettore.

    CAPITOLO II. – La partenzaIl Principe Borghese – L'«Itala» – I preparativi – Vigilia d'armi

    – La partenza.

    CAPITOLO III. – Verso la grande muragliaLa saggezza dell'ignoranza – Sui ponti di Cambaluc – I nostri

    coolies – A Nan-kow – La valle sacra – La Grande Mura-glia si mostra.

    CAPITOLO IV. – Sulle montagnePassando la Grande Muraglia – I marinai ci lasciano – In corsa

    per la campagna cinese – All’ombra della Lian-ya-miao –Momenti d'ansia – La Mongolia ci appare.

    CAPITOLO V. – Sulla soglia della MongoliaLa curiosità d'un figlio di mandarino – Telegrafo e oppio –

    Lottando col fango – Kalgan – Fra Ta Tsum-ba e Tu Tung –Pronti.

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  • CAPITOLO VI. – Per le praterie MongoleNel letto d'un fiume – Fra le torri della «Wan-li-chang-cheng»

    – Salpando nel mare verde – All'accampamento – Ospitalitàmongola – Verso il deserto – Pong-Kiong.

    CAPITOLO VII. – Nel deserto di GobiIl telegrafo nel deserto – Il «Contal» non arriva – Sopra un

    fondo di mare – Gli effetti del sole – Udde.

    CAPITOLO VIII. – La città del desertoLa montagna lontana – Un panorama di devastazione – La cit-

    tà del deserto – Un'automobile misteriosa – Inseguendo leantilopi – Urga.

    CAPITOLO IX. – UrgaAlla «Rusky-kitensky Bank» – Uno strano pellegrinaggio – Il

    governatore cinese in automobile – La partenza da Urga –Affondati nel fango – Una discesa disastrosa.

    CAPITOLO X. – Sulla via di KiakhtaLa terza disgrazia – Fra mongoli e buriati – Una corsa notturna

    – Il passaggio dell'Iro – La prima foresta – Kiakhta.

    CAPITOLO XI. – TransbaikaliaLa protezione ufficiale – Ospitalità siberiana – L'automobile e

    il thè – Verso Novi-Selenginsk – La traversata della Selenga– Un paese che nasce – Il treno.

    CAPITOLO XII. – Sulle rive del BaikalLungo la Selenga – Una salita ribelle – Nel fango – La via ab-

    bandonata – La Bolshaja Ricka – Missowaja – Un tentativoinutile – Nell'attesa d'una risposta – Un'autorizzazionestraordinaria.

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    CAPITOLO VI. – Per le praterie MongoleNel letto d'un fiume – Fra le torri della «Wan-li-chang-cheng»

    – Salpando nel mare verde – All'accampamento – Ospitalitàmongola – Verso il deserto – Pong-Kiong.

    CAPITOLO VII. – Nel deserto di GobiIl telegrafo nel deserto – Il «Contal» non arriva – Sopra un

    fondo di mare – Gli effetti del sole – Udde.

    CAPITOLO VIII. – La città del desertoLa montagna lontana – Un panorama di devastazione – La cit-

    tà del deserto – Un'automobile misteriosa – Inseguendo leantilopi – Urga.

    CAPITOLO IX. – UrgaAlla «Rusky-kitensky Bank» – Uno strano pellegrinaggio – Il

    governatore cinese in automobile – La partenza da Urga –Affondati nel fango – Una discesa disastrosa.

    CAPITOLO X. – Sulla via di KiakhtaLa terza disgrazia – Fra mongoli e buriati – Una corsa notturna

    – Il passaggio dell'Iro – La prima foresta – Kiakhta.

    CAPITOLO XI. – TransbaikaliaLa protezione ufficiale – Ospitalità siberiana – L'automobile e

    il thè – Verso Novi-Selenginsk – La traversata della Selenga– Un paese che nasce – Il treno.

    CAPITOLO XII. – Sulle rive del BaikalLungo la Selenga – Una salita ribelle – Nel fango – La via ab-

    bandonata – La Bolshaja Ricka – Missowaja – Un tentativoinutile – Nell'attesa d'una risposta – Un'autorizzazionestraordinaria.

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  • CAPITOLO XIII. – Un ponte che crollaIn automobile sulla ferrovia – La «sedicesima stazione di smi-

    stamento» – Il vecchio ponte – Nel crollo – L'automobiletravolta – Il salvataggio – Tankoy.

    CAPITOLO XIV. – Nel Governatorato d'IrkutskAttraverso il Baikal – Sulle rive dell'Angara – Irkutsk – Cam-

    pagne fiorite. – Sui fiumi – I forzati – Zima – Automobili eteleghe – Le antiche stazioni di tappa – Nischne-Udinsk –Difficoltà telegrafiche.

    CAPITOLO XV. – Nel bacino di JenisseiNella «Taiga» – Kansk – La ruota incatenata – Krasnojarsk –

    La potenza di due documenti – Il passaggio del Kemtschug– Atschinsk – Un affondamento.

    CAPITOLO XVI. – Tomsk la dottaSulla via di Marinsk – «Dov'è la versta?» – Nel fango – I no-

    stri amici i «mujik» – A sbalzi – Scoraggiamento – La«grossa bestia» – Affondati nel bosco – Tomsk – Verso Ko-lywan — L'Obi e le sue paludi – Kolywan.

    CAPITOLO XVII. – Sulla steppaLa steppa – Il telegrafo di Kainsk – Il freno arde – Omsk – La

    Siberia che si sveglia – La stanchezza – Ancora la steppa –Un incendio sulla prateria – Ischim.

    CAPITOLO XVIII. – Gli UraliDall'automobile alla «Troika» – Tjuraen – Addio Siberia! – Il

    saluto di Kamylschow – Jekaterinburg – Dall'Asia all'Euro-pa – Le foreste degli Urali – Il primo minareto – Perm –Una ruota malata e la sua cura.

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    CAPITOLO XIII. – Un ponte che crollaIn automobile sulla ferrovia – La «sedicesima stazione di smi-

    stamento» – Il vecchio ponte – Nel crollo – L'automobiletravolta – Il salvataggio – Tankoy.

    CAPITOLO XIV. – Nel Governatorato d'IrkutskAttraverso il Baikal – Sulle rive dell'Angara – Irkutsk – Cam-

    pagne fiorite. – Sui fiumi – I forzati – Zima – Automobili eteleghe – Le antiche stazioni di tappa – Nischne-Udinsk –Difficoltà telegrafiche.

    CAPITOLO XV. – Nel bacino di JenisseiNella «Taiga» – Kansk – La ruota incatenata – Krasnojarsk –

    La potenza di due documenti – Il passaggio del Kemtschug– Atschinsk – Un affondamento.

    CAPITOLO XVI. – Tomsk la dottaSulla via di Marinsk – «Dov'è la versta?» – Nel fango – I no-

    stri amici i «mujik» – A sbalzi – Scoraggiamento – La«grossa bestia» – Affondati nel bosco – Tomsk – Verso Ko-lywan — L'Obi e le sue paludi – Kolywan.

    CAPITOLO XVII. – Sulla steppaLa steppa – Il telegrafo di Kainsk – Il freno arde – Omsk – La

    Siberia che si sveglia – La stanchezza – Ancora la steppa –Un incendio sulla prateria – Ischim.

    CAPITOLO XVIII. – Gli UraliDall'automobile alla «Troika» – Tjuraen – Addio Siberia! – Il

    saluto di Kamylschow – Jekaterinburg – Dall'Asia all'Euro-pa – Le foreste degli Urali – Il primo minareto – Perm –Una ruota malata e la sua cura.

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  • CAPITOLO XIX. – Dal Kama al VolgaAutomobile, latte ed uova – Una bufera – La ruota è rotta – La

    ruota è rifatta – Un villaggio che ha paura – Un guasto aifreni – «Postowo!» – Melckeski – Il lavoro sulla terra – Ka-zan.

    CAPITOLO XX. – Dal Volga alla MoskwaLa Siberia che torna – Un villaggio ostile – L'ospitalità d'un

    mugnaio – Nishnil-Nowgorod – L'odissea d'un dispaccio –La Strada – Wladimir – Una panna volontaria – Mosca ciaccoglie – Sulle rive della Moskwa.

    CAPITOLO XXI. – Lasciando la RussiaSulla via di Pietroburgo – Nowgorod – Nei parchi imperiali –

    Pietroburgo – Verso la frontiera – Ospitalità imprevista – Ilprimo saluto tedesco – Königsberg – Berlino si avvicina.

    CAPITOLO XXII. – Avvicinando la mètaVisioni – A Landsberg – La popolarità è greve – Berlino –

    Dalla Sprea al Reno – Sul suolo belga.

    CAPITOLO XXIII. – ParigiLungo le rive della Mosa – Alla frontiera francese – Reims – I

    cercatori di reliquie – Meaux – Notte di veglia – L'ultimeore – Alle porte di Parigi – Sui «boulevards» – La corsa èfinita.

    APPENDICELa Famiglia BorgheseL’automobile

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    CAPITOLO XIX. – Dal Kama al VolgaAutomobile, latte ed uova – Una bufera – La ruota è rotta – La

    ruota è rifatta – Un villaggio che ha paura – Un guasto aifreni – «Postowo!» – Melckeski – Il lavoro sulla terra – Ka-zan.

    CAPITOLO XX. – Dal Volga alla MoskwaLa Siberia che torna – Un villaggio ostile – L'ospitalità d'un

    mugnaio – Nishnil-Nowgorod – L'odissea d'un dispaccio –La Strada – Wladimir – Una panna volontaria – Mosca ciaccoglie – Sulle rive della Moskwa.

    CAPITOLO XXI. – Lasciando la RussiaSulla via di Pietroburgo – Nowgorod – Nei parchi imperiali –

    Pietroburgo – Verso la frontiera – Ospitalità imprevista – Ilprimo saluto tedesco – Königsberg – Berlino si avvicina.

    CAPITOLO XXII. – Avvicinando la mètaVisioni – A Landsberg – La popolarità è greve – Berlino –

    Dalla Sprea al Reno – Sul suolo belga.

    CAPITOLO XXIII. – ParigiLungo le rive della Mosa – Alla frontiera francese – Reims – I

    cercatori di reliquie – Meaux – Notte di veglia – L'ultimeore – Alle porte di Parigi – Sui «boulevards» – La corsa èfinita.

    APPENDICELa Famiglia BorgheseL’automobile

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  • CAPITOLO I.DA PARIGI A PECHINO

    Quel che mi avvenne il 18 Marzo – A Parigi – «Trovatevi aPechino» – Le preoccupazioni e le occupazioni del Wai-wu-pu – Le automobili – Ettore.

    Il 18 Marzo 1907, a mezzogiorno (data per me me-morabile), ero allo scrittoio, completamente immersonello studio dell'organizzazione ferroviaria nord-ameri-cana. In quel tempo mi dedicavo con passione ai proble-mi della strada ferrata, ne scrivevo e ne parlavo, pasce-vo il mio spirito di regolamenti e di orari nazionali edesteri. All'improvviso una lunga scampanellata del tele-fono, posato proprio sul mio tavolo da lavoro, mi strap-pò violentemente dalle reti ferroviarie degli Stati Uniti.

    — Pronto! Con chi parlo?— Buongiorno – riconobbi subito la voce di Luigi

    Albertini, Direttore del Corriere della Sera, – Ho asso-luto bisogno di parlarle; venga da me.

    — Subito?— All'istante.— Corro.

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    CAPITOLO I.DA PARIGI A PECHINO

    Quel che mi avvenne il 18 Marzo – A Parigi – «Trovatevi aPechino» – Le preoccupazioni e le occupazioni del Wai-wu-pu – Le automobili – Ettore.

    Il 18 Marzo 1907, a mezzogiorno (data per me me-morabile), ero allo scrittoio, completamente immersonello studio dell'organizzazione ferroviaria nord-ameri-cana. In quel tempo mi dedicavo con passione ai proble-mi della strada ferrata, ne scrivevo e ne parlavo, pasce-vo il mio spirito di regolamenti e di orari nazionali edesteri. All'improvviso una lunga scampanellata del tele-fono, posato proprio sul mio tavolo da lavoro, mi strap-pò violentemente dalle reti ferroviarie degli Stati Uniti.

    — Pronto! Con chi parlo?— Buongiorno – riconobbi subito la voce di Luigi

    Albertini, Direttore del Corriere della Sera, – Ho asso-luto bisogno di parlarle; venga da me.

    — Subito?— All'istante.— Corro.

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  • — Grazie.Mi precipito fuori di casa, salto nella prima vettura li-

    bera che incontro, e durante il tragitto passo in rapida ri-vista gli avvenimenti delle ultime ventiquattr'ore per in-dovinare la ragione d’una così urgente chiamata.

    Il giornale aveva bisogno del suo “inviato speciale”?Era scoppiata qualche guerra? No: persino il Venezuelada sette giorni godeva una perfetta tranquillità. Una ri-voluzione? Neppure; faceva troppo freddo; le rivoluzio-ni s'iniziano con la buona stagione; sbocciano coi fiori;non è che alla fine di Aprile che le redazioni ricevonoquel primo segno d’un periodico risveglio della Libertàfra i popoli, rappresentato dal noto telegramma: “Unabanda bulgara (o greca) ha massacrato gli abitanti di unvillaggio greco (o bulgaro) ecc.” Qualche disastro im-preveduto, allora? I disastri non hanno stagione....

    Avevo torto, trascinato dall'ardore professionale, afare delle previsioni catastrofiche. Non era successoproprio nulla di grave, sopra nessun emisfero. Quandoentrai, saturo di legittima curiosità, nell'ufficio che rap-presenta il cervello del nostro giornale, trovai il Diretto-re perfettamente tranquillo e sereno. Mi porse un nume-ro del Matin, mi additò nella prima pagina, sotto ad untitolo enorme, alcune parole, e mi chiese:

    — Che ne pensa?Guardai, e lessi questo sorprendente invito:C'è qualcuno che accetti di andare, nell’estate pros-

    sima, da Pechino a Parigi in automobile?Rilessi, e provai un senso di ammirazione verso

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    — Grazie.Mi precipito fuori di casa, salto nella prima vettura li-

    bera che incontro, e durante il tragitto passo in rapida ri-vista gli avvenimenti delle ultime ventiquattr'ore per in-dovinare la ragione d’una così urgente chiamata.

    Il giornale aveva bisogno del suo “inviato speciale”?Era scoppiata qualche guerra? No: persino il Venezuelada sette giorni godeva una perfetta tranquillità. Una ri-voluzione? Neppure; faceva troppo freddo; le rivoluzio-ni s'iniziano con la buona stagione; sbocciano coi fiori;non è che alla fine di Aprile che le redazioni ricevonoquel primo segno d’un periodico risveglio della Libertàfra i popoli, rappresentato dal noto telegramma: “Unabanda bulgara (o greca) ha massacrato gli abitanti di unvillaggio greco (o bulgaro) ecc.” Qualche disastro im-preveduto, allora? I disastri non hanno stagione....

    Avevo torto, trascinato dall'ardore professionale, afare delle previsioni catastrofiche. Non era successoproprio nulla di grave, sopra nessun emisfero. Quandoentrai, saturo di legittima curiosità, nell'ufficio che rap-presenta il cervello del nostro giornale, trovai il Diretto-re perfettamente tranquillo e sereno. Mi porse un nume-ro del Matin, mi additò nella prima pagina, sotto ad untitolo enorme, alcune parole, e mi chiese:

    — Che ne pensa?Guardai, e lessi questo sorprendente invito:C'è qualcuno che accetti di andare, nell’estate pros-

    sima, da Pechino a Parigi in automobile?Rilessi, e provai un senso di ammirazione verso

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  • l'ignoto autore d'un simile progetto. Doveva essere perlo meno un gran romanziere.

    — Che ne pensa ? – ripetè Albertini.— Magnifico!— Attuabile?— Ah, questa è un'altra cosa. Ma anche se non rie-

    scisse, il tentativo sarebbe pieno d'interesse....— E lei consentirebbe a parteciparvi?— Con molto piacere.Passammo alcuni minuti a sfogliare i numeri succes-

    sivi del Matin cercandovi altre notizie sullo strano viag-gio. Lettere di adesione empivano colonne; erano letterein gran parte accese di un entusiasmo troppo anticipatoper resistere a lungo. Una fra tante fermò la nostra atten-zione, perchè di un italiano, e perchè concisa e freddacome una ricevuta. Eccola:

    M'inscrivo alla vostra prova Pechino-Parigi conun'automobile “Itala”. Vi sarò riconoscente se vorretefarmi sapere al più presto ogni particolare perchè possaregolarmi nella preparazione.

    PRINCIPE SCIPIONE BORGHESE.

    Il nome e lo stile mi fecero subito pensare: Ecco unuomo che dice sul serio!

    Don Scipione Borghese mi era noto per la sua fama diautomobilista e di viaggiatore. Nel 1900 egli, attraversa-ta la Persia in carovana, in parte per regioni poco note,si era internato nel Turkestan, era risalito per le vaste

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    l'ignoto autore d'un simile progetto. Doveva essere perlo meno un gran romanziere.

    — Che ne pensa ? – ripetè Albertini.— Magnifico!— Attuabile?— Ah, questa è un'altra cosa. Ma anche se non rie-

    scisse, il tentativo sarebbe pieno d'interesse....— E lei consentirebbe a parteciparvi?— Con molto piacere.Passammo alcuni minuti a sfogliare i numeri succes-

    sivi del Matin cercandovi altre notizie sullo strano viag-gio. Lettere di adesione empivano colonne; erano letterein gran parte accese di un entusiasmo troppo anticipatoper resistere a lungo. Una fra tante fermò la nostra atten-zione, perchè di un italiano, e perchè concisa e freddacome una ricevuta. Eccola:

    M'inscrivo alla vostra prova Pechino-Parigi conun'automobile “Itala”. Vi sarò riconoscente se vorretefarmi sapere al più presto ogni particolare perchè possaregolarmi nella preparazione.

    PRINCIPE SCIPIONE BORGHESE.

    Il nome e lo stile mi fecero subito pensare: Ecco unuomo che dice sul serio!

    Don Scipione Borghese mi era noto per la sua fama diautomobilista e di viaggiatore. Nel 1900 egli, attraversa-ta la Persia in carovana, in parte per regioni poco note,si era internato nel Turkestan, era risalito per le vaste

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  • steppe di Barabas fino a Barnaul, da dove, navigandosull'Obi e sul Tom aveva raggiunto Tomsk, e con Tomskla ferrovia Transiberiana che lo condusse al Pacifico.Sul suo viaggio aveva scritto un libro, un libro da stu-dioso che aveva tutta la rigida esattezza d'un libro dibordo, minuzioso, calmo, tecnico, che dimostrava nelloscrittore una mente riflessiva, chiara, non distolta tropponella osservazione dagl'impulsi dell'emozione,dell'ammirazione, del sentimento. Si sentiva nell'autoreun matematico più che un poeta, s'intuiva in lui il predo-minio del cervello sul cuore, della volontà sulla sensibi-lità. Il Principe Borghese mi appariva uno di quegli uo-mini che vogliono, che sanno, che agiscono. Egli non sisarebbe iscritto alla corsa Pechino-Parigi se non fossestato sicuro di partire, ed una volta partito avrebbe fattotutto quanto è umanamente possibile per trionfare. Ebbiimmediatamente fiducia in lui.

    Interrompendo la lettura del Matin, il Direttore midisse con tono d'improvvisa risoluzione:

    — Bisognerebbe che lei partisse subito per la Cina.— Sta bene.— La corsa Pechino-Parigi incomincia il 10 Giugno.

    Lei può fare prima un viaggio attraverso l'America e ilPacifico, ed osservare, strada facendo, delle cose inte-ressanti.... La fine del processo Thaw a New- York....

    — Bene.— ....La ricostruzione di San Francisco.... La situa-

    zione nippo-americana alle Hawai.... Il Giappone dopola guerra.... E compirebbe infine per l'Asia il giro del

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    steppe di